Il nome della fatica (di Pietro Folena)
Pietro FolenaOperatore culturale, ex parlamentareLa nostra prima volta. A Imola forse nel 1982, quando lui faceva il responsabile nazionale degli Studenti Medi. Mi affascinò la sua doppia nazionalità italiana e francese, la sua passione politica. Poi ho lavorato con lui e alla fine l’ho anche fatto esordire come conduttore tv.Il nome della faticaAl Cairo, nell’agosto del 1994.La foto. Il lavoro in Egitto può essere massacrante. In questo scatto la faccia che sparisce sotto il peso del sacco, la fatica viene enfatizzata.
Sedici anni, avevo, quando mi hai catturato. Ti ho visto. Un attimo dopo che mi hai fotografato, ho posato il sacco, e mi sono girato per guardarti. Volevo imprecare contro di te, Italiano, e tirarti una pietra. Ma ho visto i tuoi occhi buoni, e sono ripartito.
In šāʾ Allāh, i sacchi farina che portavo sulle spalle, con la fatica di un asciutto garzone, mi hanno permesso, tanti anni dopo, di aprire una bottega. Il sogno del mio forno. Il panettiere Hamdin, conosciuto e rispettato in tutto il quartiere. Ero arrivato a otto anni dal villaggio, da uno zio che abitava a Balaq ad Daqrur, e che mi aveva trovato il posto da garzone fornaio.
Se fossi tornato, ti avrei accolto nella mia bottega, Italiano, e ti avrei fatto assaggiare la mia pita, che tutta Zamalek conosce. Quando il prezzo della farina è aumentato, mio figlio è andato in piazza, con tanti giovani. Non è più tornato, maledetta Piazza Tahrir.
Oggi non ho più nemmeno le lacrime.
Aspetto seduto su un sacco di farina mentre una radio lontana canta una vecchia canzone di Abdel Halim, Ahwak, e due giovani soldati di pattuglia si fermano a guardare la piccola Umm che gioca con la palla a buttare giù una pila di lattine vuote di Coca Cola.
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