Il drago (di Luca Rossi)
Luca RossiGiornalistaLa nostra prima volta. In via Ostiense quando si apprestava a diventare l’ultima ruota del carro di Nessuno Tv. Era un ragazzino generoso e disponibile (su tutto). Lo abbiamo traviato per un po’, poi ha messo la testa a posto. Leggendaria la sua corsa per non perdete l’autobus delle 93 Province toccate da Veltroni nella campagna elettorale delle politiche del 2008 (rigorosamente ripresa dalle nostre telecamere).Il dragoPoco fuori Pechino, 1991.La foto. Ricordo il lago. Ricordo la nebbia. Ricordo il caldo. I colori erano offuscati e i movimenti di tutti lenti. Se ci fosse una neve calda, lì ce ne sarebbero stati metri.
Se penso ad un drago la prima cosa che mi viene in mente è il cartone della Disney, “La Bella Addormentata nel bosco”, una di quelle scene in cui gli occhi rosso fuoco del drago sono solo il preludio alla fiammata che sta uscendo dalla bocca, poi il grido spaventato di mia sorella più piccola e mamma che ci manda a letto, perché “è tardi, dopo fate gli incubi” (sono solo le 9 e mezza). Il muro (un tempo) bianco dove si appoggia il letto a castello ha ancora uno spazio vuoto: è lì che stanotte ho deciso di disegnare il drago appena visto in televisione. Aspetto le preghiere e la buona notte di papà e mamma, faccio finta di essermi addormentato, non voglio che i fratelli mi vedano, e penso a come disegnerò il mio mostro, e mi chiedo perché voglio disegnarlo così vicino, roba da non dormire più. Quando nella stanza rimane solo il suono dei respiri, mi metto seduto sul letto, i miei occhi sono come quelli dei gatti, si sono abituati al buio, ho una matita sul mobile di fianco al letto, sempre pronta a scarabbocchiare il muro che papà dipingerà quando avremo 18 anni, dice, con la speranza che siamo un po’ cresciuti. Parto dagli occhi, gli occhi di un drago sono sempre quelli che fanno più paura, è lì che un bambino come me ha sempre cercato la compassione, la fragilità, la verità, come nello sguardo di un cucciolo di cane, ed è lì che invece non trova nulla, se non lo stesso fuoco che esce dalla bocca, lo stesso disprezzo per tutti, la completa desolazione come una terra che un giorno dovrà pur essere stata verde ma ora è difficile da immaginare visto che tutto brucia, da giorni. Una volta disegnati gli occhi, e un lungo muso a cui appendere delle cortissime orecchie ho cercato di prender sonno, ma poi mi svegliavo e mi sembrava che gli occhi si fossero animati, che muovesse quelle sue piccole ali, poi ho sognato il mio compagno di classe, quello che mi tira i capelli davanti a tutti, per far vedere che lui è più forte, ho sognato il macellaio che ha quella risata che non mi piace per niente, ho sognato il mio vicino che mi ha bucato di nuovo il pallone con cui giochiamo a calcio davanti al garage, dice che siamo tutti scarsissimi visto che la palla sta sempre nel suo terreno. Gli occhi erano sempre lì, ad ogni mio risveglio, più vivi di prima. Mi sono dovuto girare sull’altro lato, quello che da sul vuoto, non ci dormo mai di qua, mi piace stare attaccato al muro, e invece sono riuscito a prendere sonno solo così. Anche la notte dopo è stata così, e la notte dopo ancora, sempre gli occhi del drago, ogni volta a fissarmi. E io con i miei sogni, la maestra che mi sgrida perché mi sono presentato con un paio di scarpe troppo rovinato, nonna che esce arrabbiata di casa, il gatto siamese che c’è morto qualche mese fa. La colpa è del drago, lo so. Così ho chiesto a mamma un vecchio lenzuolo e ce l’ho messo sopra, per non farmi guardare. Ora anche gli altri fratelli hanno paura del drago, di quegli occhi coperti solo da un lenzuolo, troppo attaccati al luogo dei loro sogni, li ho anche sentiti chiedere a papà se può accelerare la pulizia dei muri della nostra stanza. Solo lui può spazzare via il drago ormai, so bene che se solo provassi a disegnarci sopra qualcos’altro o provassi addirittura a cancellarlo, loro continuerebbero a vedere quegli occhi proprio lì, e in fondo continuerei a vederli anch’io, gli occhi del drago.
L’altro ricordo è sicuramente legato alla tomba di San Giorgio:
“Siamo in Terra Santa, è il 2011, un anno come tanti per gli abitanti di questo posto, un periodo di pace che significa solo un momento di respiro tra una guerra e l’altra, tra un nuovo bombardamento, un’azione terroristica, e un attacco dell’esercito. Eppure qui, ogni luogo, ogni città, hanno una storia lunga millenni, legata alla religione ebraica, al Cristianesimo e anche all’Islamismo. Terra Santa. Un nome che stride con i ragazzi armati di mitragliatore che entrano nel nostro autobus di pellegrini per controllare chissà cosa. Quando arriviamo a Lod, per visitare la tomba di San Giorgio, ci sono altri ragazzi armati, soldati israeliani, non avranno più di vent’anni. Forse è per questo che il viso di San Giorgio mi sembra triste, anche se la guida ci continua a dire che è il tipico viso di tutte le icone, con la posizione ieratica e tutto il resto. Il drago è stato sconfitto, ma non sembra morto, rimane con gli occhi aperti, tranquillo che alla prima occasione riuscirà a sfuggire e combinare qualche altro guaio prima che il Santo Cavaliere lo risconfigga. E’ come questa terra il drago, dove il male riesce fuori alla prima scintilla, come se stesse sempre sveglio, con gli occhi attenti per fuggire alla prima occasione. Mi dà più sicurezza sotto i piedi della Madonna, un drago sconfitto con la lingua di fuori, schiacciato dalla Madre di Dio vuol dire che è fuori combattimento. Le donne mi danno più affidabilità, figurasi Maria. Era in una chiesa di Roma, quando nonna mi portava in giro per i Sepolcri, il Giovedì Santo, il giorno in cui bisognava visitare sette chiese di cui almeno due dovevano essere le Grandi Basiliche. Lì c’era il drago schiacciato, fermo immobile, gli occhi chiusi, la Madonna lo schiacciava con i piedi nudi e nella chiesa regnava la pace, il silenzio, l’odore del legno vecchio, e mentre nonna recitava i suoi tre rosari io riuscivo finalmente a prendere sonno.
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