La purezza e il coraggio del femminile (di Nadia Zicoschi)
Feb 24, 15
Nadia Zicoschi
Giornalista
La nostra prima volta. Nella sala stampa del PCI in via dei Polacchi, nel 1986. Era la giornalista più bella che seguiva le iniziative della FGCI. Anni dopo siamo diventati veri amici.
La purezza e il coraggio del femminile
Giza, Egitto. 1994
La foto. Il tramonto sulle piramidi è magico: una delle esperienze per cui vale la pena viaggiare.
Era composto da sole giumente il branco di cavalli che – si racconta – Maometto allevasse con cura e dedizione portandole sempre con se’. Nella versione più poetica della leggenda, lo accompagnarono in un lungo viaggio nel deserto e fu durante una sosta notturna per il riposo che il profeta, considerata la loro innegabile e straordinaria bellezza ed esercitando sul tema pensiero e riflessioni, volle verificare se le sue giumente davvero possedevano anche le altre sorprendenti qualità che il profeta sentiva di aver intuito. Le aveva lasciate senza acqua per alcuni giorni e, in quella notte, tra le dune e il cielo stellato, volle metterle alla prova. Le liberò e queste si diressero per istinto verso il fiume per abbeverarsi. Giunte a pochi metri dalla riva, le giumente sentirono le note del richiamo del corno con il quale Maometto solitamente le richiamava a sé. Di tutto il branco, soltanto cinque cavalle, nonostante la sete, tornarono indietro e si dice che quelle cinque giumente, si chiamano infatti al kamsa, siano alla base della purissima razza di cavalli egiziani e che a quelle cinque cavalle siano riconducibili le cinque linee di sangue che costituiscono una minima e pregiatissima componente del mondo del cavallo arabo.
Marchiò il loro mantello con il simbolo di una spiga, il germoglio di Maometto, che ancora oggi racconta della purissima selezione che porta all’esemplare che stiamo ammirando.
Sono stati per centinaia di anni i cavalli delle tribù nomadi beduine della penisola arabica. O meglio le cavalle. Venivano utilizzate nelle spedizioni dei predoni presso altre tribù, nelle razzie degli accampamenti, nello scontro fisico con il nemico. Il successo dell’impresa dipendeva dalla velocità nella fuga, dalla capacità di portare il considerevole peso del bottino sulla groppa insieme al cavaliere e, non da ultimo, dal loro coraggio e dalla loro affidabilità. Due doti, queste ultime, che le popolazioni arabe riconoscono agli esemplari femmina e non agli stalloni.
Una sfida tra tribù che negli anni divenne meno cruenta, più agonistica ma altrettanto pericolosa per la sopravvivenza delle famiglie. Alle corse di cavalli nel deserto i proprietari mettevano in palio la mandria stessa e, insieme, la supremazia di gruppo sull’altro. Non testare continuamente la velocità di questi animali è per i loro allevatori più antichi, come non riconoscere quello che Allah stesso ha voluto donare. Secondo la leggenda beduina, Allah prese una manciata di vento, vi soffiò sopra e creò il cavallo. “Ti chiamerai arabo e la tua virtù risiederà nel ciuffo della fronte. Ti ho dato il potere di volare senza ali, sia in attacco che in ritirata”.
Questa foto – inconsapevolmente – ha immortalato la modernità del cavallo egiziano. A fine giornata – ma anche questa può essere semplice immaginazione – i ragazzi/cavalieri sembrano misurarsi in una sorta di ruba-bandiera a cavallo fra le piramidi. Un gioco per la conquista del cordino esibito dal vincitore che richiede agli animali destrezza, coraggio, velocità e affidabilità. Basta un occhio mediamente esperto, o un piccolo suggerimento all’autore, per capire che i due destrieri in primo piano sono, anche in questo caso, due cavalle.
Marchiò il loro mantello con il simbolo di una spiga, il germoglio di Maometto, che ancora oggi racconta della purissima selezione che porta all’esemplare che stiamo ammirando.
Sono stati per centinaia di anni i cavalli delle tribù nomadi beduine della penisola arabica. O meglio le cavalle. Venivano utilizzate nelle spedizioni dei predoni presso altre tribù, nelle razzie degli accampamenti, nello scontro fisico con il nemico. Il successo dell’impresa dipendeva dalla velocità nella fuga, dalla capacità di portare il considerevole peso del bottino sulla groppa insieme al cavaliere e, non da ultimo, dal loro coraggio e dalla loro affidabilità. Due doti, queste ultime, che le popolazioni arabe riconoscono agli esemplari femmina e non agli stalloni.
Una sfida tra tribù che negli anni divenne meno cruenta, più agonistica ma altrettanto pericolosa per la sopravvivenza delle famiglie. Alle corse di cavalli nel deserto i proprietari mettevano in palio la mandria stessa e, insieme, la supremazia di gruppo sull’altro. Non testare continuamente la velocità di questi animali è per i loro allevatori più antichi, come non riconoscere quello che Allah stesso ha voluto donare. Secondo la leggenda beduina, Allah prese una manciata di vento, vi soffiò sopra e creò il cavallo. “Ti chiamerai arabo e la tua virtù risiederà nel ciuffo della fronte. Ti ho dato il potere di volare senza ali, sia in attacco che in ritirata”.
Questa foto – inconsapevolmente – ha immortalato la modernità del cavallo egiziano. A fine giornata – ma anche questa può essere semplice immaginazione – i ragazzi/cavalieri sembrano misurarsi in una sorta di ruba-bandiera a cavallo fra le piramidi. Un gioco per la conquista del cordino esibito dal vincitore che richiede agli animali destrezza, coraggio, velocità e affidabilità. Basta un occhio mediamente esperto, o un piccolo suggerimento all’autore, per capire che i due destrieri in primo piano sono, anche in questo caso, due cavalle.
Carina questa storia, brava Nadia Zicoschi