Come un sigillo (di Amedeo Balbi)
Mag 14, 15
Amedeo Balbi
Astronomo
La nostra prima volta. Gentile, umile, attento, timido… poi ci sono le sue qualità. In uno degli appuntamenti annuali di Arianna Tronco e della SPA.
Come un sigillo
New York, 1988
La foto. Da un piano alto della 49esima Strada, arrivato nella Grande Mela da poche ore, eccitato dalla prima volta nella capitale della mia epoca.
Alto e basso non esistono. L’universo non ha un sopra e un sotto. Sono concetti che hanno senso solo per creature che vivono attaccate alla superficie di un pianeta. La forza di gravità definisce una direzione verticale, quella lungo cui precipitano gli oggetti. Noi esseri umani lottiamo con la verticalità dalla nascita, prima alzandoci in piedi, poi provando per quanto possiamo a sottrarci al suo dominio: siamo radicati a terra ma guardiamo verso il cielo, scaliamo montagne, costruiamo grattacieli e macchine per volare.
Quando ho visto questa foto per la prima volta — le ombre radenti, l’assenza del cielo, la mancanza di punti di riferimento verticali — ho provato un certo disorientamento. Il mio senso dell’alto e del basso è stato messo in discussione. Allora ho pensato agli astronauti, affrancati dall’illusione del sopra e del sotto, galleggianti liberamente nel vuoto. Mi hanno raccontato di una di loro che, durante la sua prima passeggiata fuori della Stazione Spaziale, dovendosi spostare lungo un braccio metallico che si protendeva verso la Terra, ha provato per un attimo la vertigine di quel precipizio, e l’ha superata fingendo che il braccio fosse orizzontale e lei dovesse spostarsi di lato. La scelta, in fondo, era del tutto legittima.
Ma qui lo spazio non c’entra: siamo a New York. E allora ho pensato a un’altra cosa: ho pensato a Spiderman, appeso sotto un cornicione, al tramonto, in una pausa tra un salto con la ragnatela e l’altro. Si guarda intorno, a testa in giù, qualcosa attira la sua attenzione, e allora tira fuori la macchinetta (Peter Parker è un fotografo!) e scatta. Chissà cosa avrà attivato il suo senso di ragno.
Quando ho visto questa foto per la prima volta — le ombre radenti, l’assenza del cielo, la mancanza di punti di riferimento verticali — ho provato un certo disorientamento. Il mio senso dell’alto e del basso è stato messo in discussione. Allora ho pensato agli astronauti, affrancati dall’illusione del sopra e del sotto, galleggianti liberamente nel vuoto. Mi hanno raccontato di una di loro che, durante la sua prima passeggiata fuori della Stazione Spaziale, dovendosi spostare lungo un braccio metallico che si protendeva verso la Terra, ha provato per un attimo la vertigine di quel precipizio, e l’ha superata fingendo che il braccio fosse orizzontale e lei dovesse spostarsi di lato. La scelta, in fondo, era del tutto legittima.
Ma qui lo spazio non c’entra: siamo a New York. E allora ho pensato a un’altra cosa: ho pensato a Spiderman, appeso sotto un cornicione, al tramonto, in una pausa tra un salto con la ragnatela e l’altro. Si guarda intorno, a testa in giù, qualcosa attira la sua attenzione, e allora tira fuori la macchinetta (Peter Parker è un fotografo!) e scatta. Chissà cosa avrà attivato il suo senso di ragno.
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