Palmira dall’alto (di Deborah Bergamini)
Mag 18, 15
Deborah Bergamnini
Parlamentare
La nostra prima volta. A Red Tv all’inizio del 2009. La intervistai in uno spazio mattutino che conducevo il venerdì. Dipinta come un’arpia si rivelò per me donna accorta ma disponibile. Di indubbia intelligenza e di un certo equilibrio. Mi piaciuta anche se avevo pregiudizi negativi… quindi vale di più.
Palmira dall’alto
Siria. Agosto 1996.
La foto. Arrivare lassù è stato faticoso, anche se eravamo partiti molto presto la mattina. Povere e sole. Ma non si sentiva la fatica: perchè eravamo in uno dei posti più affascinanti del mondo.
Un miraggio, un’oasi nel deserto, un cuore fatto di storia e cultura. Così si rivela ai miei occhi, in questa foto, la città di Palmira. Colta alle luci del mattino, come una giovane donna appena sveglia, questa antica città, considerata non a caso la sposa del deserto, evoca la bellezza decadente dei ruderi e dei paesaggi dimenticati, ma senza malinconia. Perché la bellezza resta e trionfa.
Nonostante abbia attraversato duemila anni di storia, Palmira è ancora palpitante di vita, preziosa testimone della vitalità dell’ingegno umano che ne aveva fatto lo snodo fondamentale tra l’Occidente e l’Oriente. Animati dal via vai delle auto, i resti della gloria che fu sembrano indifferenti alla modernità roboante, e visto che il serpente di asfalto corre tagliando in due il sito archeologico, sembra che la dinamica del tempo si sia ribaltata: non è l’antico a fare capolino nel moderno ma è la vita quotidiana a costituire una vivace interruzione tra la fissa maestosità della storia.
E così Palmira è lì, sobria, immobile nell’eternità di un tempo mitico, a sedurre lo sguardo con il suo fascino misterioso e i giochi di luce dei suoi colonnati, delle sue torri, dei suoi templi. A guardare questo luogo, che ha resistito alle guerre e ai terremoti, impossibile non lasciare andare la fantasia, non immaginare per ogni spazio e per ogni pietra posata a terra, un racconto unico al mondo, fatto di scambi commerciali, di battaglie eroiche, di viaggi di carovane. È la magia delle città antiche: quella di avere una straordinaria capacità narrativa. Chi vive a Roma, come me, sa bene cosa vuole dire ogni giorno avere la sensazione di attraversare la Storia, di toccarla, di ammirarla, di “calpestarla” persino.
Da donna impegnata in politica, non posso fare a meno di pensare che in Siria è in atto il massacro di una intera civiltà: delle persone, dei cittadini inermi che la compongono e poi anche della memoria, come nel caso di Palmira che, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, rischia di essere distrutta dalla guerra. Sta alla comunità internazionale non lasciare che Palmira, già assediata come tante altre città della Siria, sia abbandonata ad un triste destino.
Nonostante abbia attraversato duemila anni di storia, Palmira è ancora palpitante di vita, preziosa testimone della vitalità dell’ingegno umano che ne aveva fatto lo snodo fondamentale tra l’Occidente e l’Oriente. Animati dal via vai delle auto, i resti della gloria che fu sembrano indifferenti alla modernità roboante, e visto che il serpente di asfalto corre tagliando in due il sito archeologico, sembra che la dinamica del tempo si sia ribaltata: non è l’antico a fare capolino nel moderno ma è la vita quotidiana a costituire una vivace interruzione tra la fissa maestosità della storia.
E così Palmira è lì, sobria, immobile nell’eternità di un tempo mitico, a sedurre lo sguardo con il suo fascino misterioso e i giochi di luce dei suoi colonnati, delle sue torri, dei suoi templi. A guardare questo luogo, che ha resistito alle guerre e ai terremoti, impossibile non lasciare andare la fantasia, non immaginare per ogni spazio e per ogni pietra posata a terra, un racconto unico al mondo, fatto di scambi commerciali, di battaglie eroiche, di viaggi di carovane. È la magia delle città antiche: quella di avere una straordinaria capacità narrativa. Chi vive a Roma, come me, sa bene cosa vuole dire ogni giorno avere la sensazione di attraversare la Storia, di toccarla, di ammirarla, di “calpestarla” persino.
Da donna impegnata in politica, non posso fare a meno di pensare che in Siria è in atto il massacro di una intera civiltà: delle persone, dei cittadini inermi che la compongono e poi anche della memoria, come nel caso di Palmira che, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, rischia di essere distrutta dalla guerra. Sta alla comunità internazionale non lasciare che Palmira, già assediata come tante altre città della Siria, sia abbandonata ad un triste destino.
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