La Leopolda della Propaganda
Dic 15, 15
Io alla Leopolda mi trovo bene. Non mi sento a casa, ma mi piace. I motivi sono tanti: perchè incontro un sacco di gente che non mi capita molto spesso di incrociare. Vedo gente che capisce di politica e che ne discute in modo molto divertente e competente. Vedo gente che ritenevo totalmente incapace di fare qualsiasi discorso politico e mi offre conferme in questa mia opinione… Ma soprattutto perchè è uno dei pochi posti che ho frequentato in questi vent’anni dove la politica è vita.
Quella di quest’anno era la mia quarta Leopolda.
La prima era una specie di prova generale: chi c’era ricorderà la regia doppia: sindaco Renzi – consigliere regionale Pippo Civati. Quanto tempo è passato! Funzionava bene, ma non si capiva quale fosse la direzione. Ma era una bella cosa anche quella.
(Domenica 13 dicembre 2015, ad un certo punto delle conclusioni ho avuto quasi la sensazione che Renzi potesse citare quel passato… ma in realtà era solo una specie di mio flashback. Infatti Renzi cita il passato remoto e cancella con certosina precisione il passato più recente, si è permesso solo una civetteria ricordando questa intervista).
La seconda è quella del Big Bang. Si è trattato dell’appuntamento seminale. Quello da cui si è generato tutto ciò che abbiamo visto in questi anni. Si è trattato di una grande fucina di idee, di proposte, di provocazioni e di suggestioni che hanno fatto la fortuna del nostro giovane Presidente del Consiglio.
La metafora di quell’anno, paradossalmente era tutta in una frase antica di una canzone di Francesco De Gregori (mai pronunciata testualmente in platea) “… a giocare col nero perdi sempre”, ma magistralmente declinata da Alessandro Baricco: che propose, come raccontava all’epoca Fabio Martini su La Stampa «un ripasso degli errori» della sua generazione di sinistra. «Per anni abbiamo mosso per secondi, abbiamo voluto sempre i “neri”, perché avevamo paura di perdere (…) è mai possibile questa cosa per cui l’altro vince sempre, solo perché ha barato? Statisticamente qualche volta l’altro vince perché è più bravo».
Nei fatti fu una vera rivoluzione: l’uscita della sinistra che vuole governare davvero dall’antiberlusconismo di maniera e la liberazione del più grande peso che avevamo sulle spalle: il nostro vero fattore K. La presa di coscienza della possibilità di competere, di essere “contemporanei” e di guardare in faccia il nostro tempo.
Dopo due anni di assenza sono tornato in quel posto meraviglioso di Firenze (per altro è in vendita e quindi se ci fosse qualcuno interessato all’acquisto il prezzo base è 7 milioni e 200 mila Euro)
Quella di quest’anno è stata la Leopolda della propaganda. Anzi della Propaganda con la lettera maiuscola. (Per i dietologi la Propaganda 6… se fossi stato il direttore de Il Fatto avrei titolato: La P6… per ricordare la loggia Propaganda 2, visto che a loro piace questo gioco sciocco).
Ma come è andata?
Non ci sono state novità dal punto di vista del progetto. Non ci sono nuove suggestioni particolari dal punto di vista del programma. Ci sono stati molti ministri interrogati in forma elementare da persone che partecipavano in platea, che hanno risposto in forma molto didattica e comprensibile sulle questioni di loro competenza.
Ovviamente anche tra i ministri ci sono quelli che se la cavano meglio e altri che invece si trovano lì come pesci fuor d’acqua perché in realtà sono dei parvenue della Leopolda. Tra questi mi è piaciuto Giuliano Poletti che riesce a piegare il suo eloquio adeguandolo ad ogni occasione e alla fine risulta sempre piuttosto efficace: “Ad Imola diciamo che se vuoi vedere l’arcobaleno devi accettare che prima ci sia la pioggia”… è un’immagine che funziona anche se io ad Imola questo modo di dire non l’ho mai sentito…
Quest’anno il senso di relativa delusione che ho visto da qualche parte era dettato in parte dal fatto che tanti erano alla prima esperienza o quasi e probabilmente non si aspettavano una cosa tanto informale e “leggera”, ma soprattutto dalla mancanza di vere star sul palco. Certo ci sono state persone che con il loro impegno e il loro esempio fanno cose strepitose (Enzo Manes ne è un esempio), ma colpi comunicativi particolari non ce ne sono stati. Ho notizie di inviti a persone anche particolarmente lontane a Renzi, che sarebbero state testimonianze assai interessanti e che avrebbero caratterizzato di più l’evento fiorentino, ma che per la posizione che occupano hanno gentilmente declinato l’invito.
Ma tant’è.
Tra i lettori del mio profilo fb e tra chi ha visto i miei tweet ho ricevuto commenti perplessi ed alcuni hanno storto il naso di fronte all’idea che mi piacesse la propaganda di Renzi.
Solo che non considera la politica un’attività complessa, fatta di molti momenti e di forme di comunicazione stratificate e varie, può pensare alla propaganda come a qualcosa di negativo, o di banale. La propaganda politica è un’arte e Matteo Renzi è un vero maestro in questo. Ho molto apprezzato gli spot preparati da chi sa facilitare la comprensione di concetti difficili ed è capace di far ricordare dati con una grafica piacevole. Insomma se riesci a spiegare semplicemente le cose e trovi il modo di farle ricordare diventi molto più convincente.
Alcuni dicono: ma come questa è tutta fuffa… Renzi è il vuoto della politica.
Ecco il tema. Se il pieno della politica è l’immagine del convegno della minoranza PD che si è riunita al Teatro Vittoria di Roma (dove probabilmente c’erano molti più miei vecchi amici rispetto a Firenze) allora sì: la Leopolda è il vuoto. Ma è il vuoto delle sacre messe a cui eravamo abituati nel secolo scorso. E non parliamo solo di forma.
Immagino che ci sia sostanza anche nelle tesi di Cuperlo e Bersani, anche se ciò che tendono a far emergere sono i distinguo sulle proposte del governo: raramente si vede altro.
Ma su una cosa dobbiamo intenderci: se presiedi il governo dell’Italia è inevitabile che si diventi capaci di parlare delle sostanza dei problemi del Paese: governare ti impone una concretezza totale. Nel discorso conclusivo (oltre che nella calda elencazione delle cose fatte dal governo) la combinazione tra risultati raggiunti e “le tante cose ancora da fare” sono state chiare ed evidenti. Lo slogan 1000 Leopolda per vincere il referendum costituzionale è già un progetto politico forte. A mio parere interessante anche in rapporto a quella che sarà l’iniziativa politica del PD e quale dinamica si definirà tra lo “spazio chiuso”, istituzionale del partito e quello aperto e dinamico dei leopoldini.
Insomma può piacere o meno: ma non rimanere negli schemi non è un modo di sfuggire alle responsabilità, ma il metodo di giocare a scacchi tenendo il bianco, e costringere tutti gli altri dentro e fuori il PD a tenere il nero, non per scelta ma per forza.
Ora io, che non sono renziano, ma un moderato renzista mi diverto molto a fare l’estremista renziano con gli antirenziani e l’antirenziano con gli invasati renziani (insopportabili come tutti gli ultrà privi di dubbi) e, comunque vada, posso #staresereno perchè ormai la politica in Italia è una partita a scacchi dove il centrosinistra ha almeno una mossa di vantaggio.
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