Mariangela Melato: un libro
Anch’io, come Alberto Crespi, magari l’avevo già vista prima da qualche parte, magari al cinema, ma fu in quella fantasmagorica edizione dell’Orlando Furioso di Luca Ronconi che quella voce roca – alle mie orecchie tanto inesperte mi sembrò di una sensualità ambigua – mi colpì nel profondo. Era il 1975: Mariangela Melato era Olimpia. Non una protagonista, ma accanto ai cavalli volanti e alle macchine per la prima volta visibili ed esplicite in una televisione che trasmetteva in 5 puntate il teatro d’avanguardia, dava umanità e “carne” a quel personaggio di cui sapevo pochissimo.
Avevo quindici anni e tutto mi sembrava andasse bene…
Non conosco il teatro neppure oggi, anche se mi affascina, quindi non posso raccontare degli spettacoli che ho visto: ricordo solo al Comunale di Imola, Vestire gli ignudi, dove nella memoria ho solo una sensazione di luce attorno a lei. Riempiva la scena con la sola sua presenza, ma non credo sia stato uno dei lavori migliori che ha fatto.
Ieri sono andato al Teatro Eliseo alla presentazione di un libro/omaggio, Magnetica Mariangela, che Anna Testa (che teneva su Nessuno TV e REDTV una rubrica di teatro) ha scritto e Tommaso La Pera (uno dei grandi fotografi del teatro italiano) ha documentato con i suoi scatti.
Tre cose dette mi hanno colpito:
Il racconto dell’ammirazione di Mariangela Melato per Rina Volonghi, che è stata spiegata soprattutto per la sintonia con la quale le due attrici affrontavano il lavoro. La Volonghi diceva: “Sono un’operaia del teatro” e la Melato, che non si fermava mai e lavorava continuamente, quando arrivava per le prove usava dire: “E` arrivata la metalmeccanica”. Come a dire, per entrambe, che il lavoro di attrice era, per l’appunto, un lavoro serio, faticoso, per il quale serve applicazione e tempo.
La seconda è un episodio raccontato magistralmente dal regista Marco Sciaccaluga. A Napoli andava in scena la sua Fedra, non propriamente uno spettacolo leggero che si apre con Ippolito che dice: “Avanti, circondate quel bosco fitto e quella vetta, Ateniesi! Perlustrate a passo veloce, sparpagliandovi, le terre sotto il petroso Parnete e quelle investite dal fiume che si affretta alle valli di Tria…” e poi un attimo di silenzio. In sala, dalle prime file si sente una signora che dice a voce alta: “… Nun me piace!”… Figurarsi il gelo tra gli attori. La Melato che nella regia di quella tragedia doveva arrivare sul palco dalla platea disse piano: “Ora te lo faccio vedere io!” … fece un’interpretazione magnifica e la sua sola presenza in scena ammutolì tutti. Il direttore del teatro, dopo l’ovazione finale andò in camerino e disse: “Mariangela! Un silenzio come quello che hai provocato non si sentiva a Napoli dai tempi dei bombardamenti americani”. Mariangela Melato aveva avuto la stessa potenza delle bombe.
Era prima di tutto donna di teatro, anche se al cinema ha regalato grandissime interpretazioni: Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972) e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto(1974), di Lina Wertmüller e, soprattutto, Todo Modo con la regia di Elio Petri del 1976. Andò anche a Hollywood, dove recitò in una pellicola non eccellente: il dimenticabile Flash Gordon diretto da Mike Hodges. La sorella Anna ha raccontato che in quel periodo fu contattata da Ridley Scott che le propose la parte da protagonista in un film dove c’erano dei mostri spaziali… era “Alien”… Ma dopo la conversazione con il regista, non ancora all’apice del successo, tornò in albergo e parlando con la sorella disse: “Ma perchè dovrei fare una cosa del genere?” e rifiutò. Probabilmente quel no le ha precluso una carriera americana molto più luminosa, ma non le avrebbe fatto fare il lavoro che amava di più, tra le tavole dei palcoscenici italiani.
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