Un po’ di foto del Labas: dove si poteva agire diversamente
Labas. Per due anni mi sono opposto al decreto di sgombero: non c’era alcun problema di ordine pubblico, facevano cose belle. La pura verità. A un certo punto la magistratura fa sapere che la questura rischia l’omissione di atti di ufficio. Tento la mediazione. Non viene accettata alcuna alternativa. Mi viene risposto che Cassa depositi e prestiti deve adeguarsi alla situazione ormai consolidata. Ovvero, la realtà deve essere come la vogliamo noi, senza accettare un dimensione plurale, diffidando delle istituzioni. Questa è una forma mentis che viene da lontano.
Virginio Merola
L’anno scorso, in una mezza giornata bolognese, sono andato a visitare il centro sociale Labas in via Orfeo. Ne sapevo poco o niente, come del resto ne so poco o niente ora. Mi interessava vedere la street art che c’è lì attorno e con una certa circospezione sono entrato con la macchina fotografica. Rispetto a certi posti romani che andavo a vedere in quel periodo (sempre per i graffiti) mi è sembrato di entrare in un salotto. Ma Bologna è sempre stata più attenta alla forma e anche i centri sociali devono rispettare questa tradizione.
Ho cominciato a chiacchierare con i ragazzi che erano lì e che mi hanno raccontato – dal loro punto di vista, ovviamente – la storia della loro occupazione, le attività del centro e le loro paure di essere sgomberati… insomma per loro era chiaro il senso di precarietà che quella posizione aveva. Ma d’altra parte, nelle forme sfumate e rarefatte che la situazione del Labas imponeva, non ho visto un atteggiamento frontalmente contrario nei confronti delle istituzioni e del Comune. Certo disillusione, ma se non altro dal punto di vista utilitaristico, ho visto un’intenzione di mantenere aperto un dialogo. Uno di quei ragazzi mi fece da guida e ho fatto un po’ di scatti… quelli che sono in questa pagina.
L’altro giorno, quando ho visto le foto delle violenze sugli occupanti del Labas da parte della polizia, mi sono veramente stupito, perchè ci voleva davvero poco per mantenere aperto un dialogo e una comunicazione con quelle persone. Detto questo: io credo a quello che dice Merola: «Ci hanno detto sempre no. Tra chiedere una mano al comune e seguire i dettami della sinistra radicale che pontifica pura e dura, hanno scelto quest’ultima opzione. Non si sono fidati, e sono il primo a cui dispiace». Ma ciò non giustifica un intervento tanto duro, non mi pare che ci fosse nessuna urgenza e – anche le forze dell’ordine – potevano agire diversamente.
Poi, a Bologna, quando succedono queste cose si ricomincia a parlare del ’77… una specie di mantra gucciniano: “Perchè a vent’anni è tutto ancora intero, perchè a vent’ anni è tutto chi lo sa, a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’ età, oppure allora si era solo noi non c’ entra o meno quella gioventù: di discussioni, caroselli, eroi quel ch’è rimasto dimmelo un po’ tu…”
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