Parole per Imola: Bambini
Monica Visani. “Mi presento: ho 53 anni, faccio l’Educatrice di Nido d’Infanzia e sono dipendente del Comune di Imola da 23 anni. Credo di essere fortunata perché svolgo una professione che mi sono scelta e a me piace molto. Fin da giovane ho trovato interesse nel mondo sociale, degli adolescenti e dell’infanzia. Credo che un mondo che non si occupata della qualità di vita dei bambini e delle bambine sia senza futuro. E’ uno dei motivi per cui ho scelto questa professione. Il mio sogno è cercare di far crescere una sensibilità che avvicini bambini, famiglie e Città in un percorso condiviso in cui il benessere la faccia da padrone“.
BAMBINI
Coniugare la parola Bambini con una sintesi utile a chi vuole dare ascolto per la costruzione di politiche efficaci, senza cadere nelle teorie psicopedagogiche che in questi 50 anni si sono costruite, è un’impresa davvero ardua: ma un’idea ce l’ho!
Si conoscono molte scelte pedagogiche, alcune – tra le più recenti – si riferiscono alle conoscenze “trasversali” al fine di capire meglio chi è il bambino (non oltre il limite della spregiudicatezza si acclamano scuole libertarie o Homeschooling del pianeta terra). Credo che tutto ed il contrario di tutto possa essere preso in considerazione, approfondito e meditato: basta avere molta memoria per incamerare teorie e il gioco è fatto.
Che immagine di bambino dobbiamo avere?
Io penso che persista il concetto di bambino astratto: non di quel bambino o bambina reale con il proprio nome e cognome (in cui racchiusa c’è tutta la sua storia familiare, ecc…); resta, purtroppo, la mancanza di conoscenza di quel processo che ha portato, ad esempio, gruppi di bambine e bambini a cooperare nell’interdipendenza e nella complementarietà, che li ha messi in grado di capire e conoscere concetti o pensieri diversi dai loro, ricchi e utili per appropriarsi del mondo che li circonda: il loro mondo di conoscenze e di relazioni.
Ad Imola c’è stato un punto di continuità sul pensiero di bambina e bambino come persona a cui si deve una relazione privilegiata e di rispetto non solo personale, ma dei tempi di sviluppi e crescita. La nostra pedagogia innovativa (che ha origine nei primi anni Novanta) ha contribuito a definire un metodo di azione ad hoc, che nel tempo si è evoluto e si è perfezionato e grazie alle osservazioni ed ai pensieri degli operatori, un’attività che aiuta la crescita della nostra esperienza concreta e reale.
Questo metodo non funziona solo per un volere pedagogico: deve essere chiaro che pedagogia e politica vano avanti di pari passo (a volte zoppicando ma si è umani).
Un’attenta analisi dei bisogni dei bambini e delle bambini che frequentano i servizi imolesi non è mai stata disgiunta da altrettanta attenzione alle famiglie (parentali e non), in cui essi vivono quotidianamente è un elemento di forza della nostra esperienza. Per questo operare affinchè si sviluppa nel tempo una rete di servizi ai genitori è parte integrante del buon funzionamento del nostro sistema. Le esperienze dei Consigli di partecipazione, delle Associazioni, dei Comitati dei genitori, dei rappresentanti di Istituto e delle collaborazioni con il territorio hanno dato vita ad importanti progetti non solo per i bambini e le bambine ma per tutta la città.
Credo che attualmente, nel panorama economico e sociale, le famiglie siano composte da persone competenti che hanno conoscenze non superficiali e sono pronti a mettere in relazione queste ricchezze.
Cosa serve per attivare questo percorso?
Serve considerare le bambine ed i bambini non come entità a sé. Serve osservarli e capire come ognuno di loro abbia un bagaglio di competenze che vanno valorizzate e inserite in un percorso nel quale questi soggetti diventino essi stessi protagonisti ed autonomi attori. per non disperdersi e dissipare il loro pensiero creativo come qualcosa di utile e proprio: per questo è fondamentale coinvolgere i genitori ed il territorio.
La ricchezza e la collaborazione nascono da un rapporto di fiducia fra genitori e servizi che, se instaurato fin dai primi anni di vita del bambino e della famiglia, garantirà un percorso finalizzato a costruire relazioni significative, che nel tempo darà frutti: favorirà l’autostima, aiuterà a di mettere in relazione le conoscenze, incoraggerà la condivisione. Tutti elementi che rappresentano una ricchezza per la comunità: non solo per i singoli.
C’è bisogno di progettare un futuro che abbia ben presente il rischio di isolamento delle persone, che valorizzi la loro capacità di essere attivi, che promuova una realtà fatta di collaborazioni, cooperazione, progetti comuni, nel quale il senso di appartenenza sia un valore e non una penalizzazione.
Mi sento di dire che chi dovrà pensare al futuro per i bambini non possa esimersi da una stretta collaborazione con chi si occupa dei bambini e delle bambine della Città (Nidi e Scuole d’Infanzia, Scuole, Genitori, Associazioni del territorio, Comitati dei genitori…). L’obiettivo deve essere quello di far nascere delle possibilità di espressione dei bisogni della comunità, avere spazi in cui ognuno possa dare un contributo ad affrontare i problemi, ci devono essere le occasioni per fare crescere un senso civile nelle persone che abitano il nostro territorio. Questa apertura può contribuire a sprigionare una “forza contaminante”, sprigionando qualcosa di positivo che arriverà anche ai nostri figli e a spingere i fattori che ci potranno permettere di migliorare le nostre condizioni generali di vita.
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