Parole per Imola: Fiducia
Roberto Visani è da sempre impegnato nell’associazionismo cattolico (è stato vicepresidente dell’Azione Cattolica di Imola). Iscritto nel Partito Popolare Italiano, ha partecipato al processo di costituzione della Margherita e del Partito Democratico. Dal 2004 al 2008 ha fatto parte della Giunta del Comune di Imola nello stesso periodo era Presidente della Conferenza Territoriale sociale e sanitaria. Dal 2008 è Vicesindaco e Assessore del Comune.
FIDUCIA
Non abbiamo bisogno di sondaggi per constatare come uno dei cambiamenti più significativi avvenuti negli ultimi decenni nella nostra società sia rappresentato dal venir meno della fiducia.
Si tratta di una crisi di fiducia che ha incrinato il rapporto con le Istituzioni, i partiti, le organizzazioni sociali, ma anche le relazioni interpersonali in famiglia, tra colleghi di lavoro e persino tra amici. Si tratta di un dato inquietante, per la coesione di una società ma anche, e forse soprattutto, per la qualità della vita umana di ciascuno.
La fiducia è la realtà che rende possibile il vivere e il vivere in relazione: nell’amicizia, nell’amore, nel rapporto docente-discente, nella relazione medico-paziente… Se una persona non riesce a fidarsi di nessuno, è condannata alla solitudine, imprigionata in una situazione di isolamento sociale. È proprio la fiducia che può creare il legame sociale e generare la comunità: a livello politico la mancanza di fiducia genera una stanchezza nella democrazia e quindi ne mina la credibilità, aprendo lo spazio alla barbarie.
Dobbiamo allora porci una domanda: come mai siamo precipitati in questa situazione in cui si afferma che è meglio diffidare, diffidare sempre, diffidare di chiunque? Quali sono i fattori che hanno minato la fiducia che si era creata sulle macerie della seconda guerra mondiale? Quella fiducia sociale che ci aveva dato la possibilità di una convivenza capace di assumere un progetto comune e di condividere una speranza?
Tra i fattori decisivi va annoverata l’illegalità crescente che si è espansa come un’epidemia, dalla quale nessun potere e gruppo sociale è restato immune. Anche l’ultimo Report di Transparency International sulla corruzione conferma che il nostro Paese continua ad essere tra i peggiori in Europa. L’illegalità macroscopica ha autorizzato un’illegalità quotidiana e minuta, che sembra rispondere al “così fan tutti”. Questa illegalità ha indebolito il senso di sicurezza e il bisogno di protezione dei cittadini, immettendo in loro una sfiducia e tentandoli, seducendoli fino a condurli a non darsi pena della collettività, a scambiare l’etica con il “fare i moralisti”, a lasciar correre… Insieme ai fattori ricordati di autoreferenzialità e di mancanza di senso del bene comune e del servizio alla polis, l’illegalità ha reso inaffidabili molti soggetti politici e le stesse istituzioni democratiche.
I cittadini si sentono sempre più lontani dalla politica e finiscono per non partecipare più all’edificazione della polis. Qualcuno sostiene che viviamo già nell’epoca della post-democrazia e, a causa di questa debolezza della politica, si affermano il populismo, il sorgere del “salvatore” di turno, la smobilitazione dei corpi sociali, il conformismo.
La consapevolezza di essere cittadini di una polis comune ha ceduto il passo alla rassegnazione di essere consumatori in un mercato dopato, in cui la libera concorrenza è divenuta corsa alla sopraffazione, al dominio del più forte o del più furbo. E in questo precipitare della qualità della convivenza politica, vanno in frantumi e sono calpestate la solidarietà e l’attenzione a chi vive ai margini della società. Così i cittadini-consumatori continuano a credere ad annunci e promesse dei soggetti politici, nonostante non se ne vedano le condizioni e tanto meno i segnali di attuazione.
Le persone sono sempre meno capaci di critica, il dibattito ragionato viene considerato una perdita di tempo e sostituito da urla tra sordi, la moda dei sondaggi ha rimpiazzato il faticoso delinearsi di una “opinione pubblica”: così si passa d’inganno in inganno, perdendo sempre più il contatto con la realtà. Fino a quando? Sì perché, come ci insegna la storia, a un certo momento sopraggiunge un punto di rottura in cui all’incapacità di indignarsi e di impegnarsi segue la reazione irrazionale di chi si nutre di violenza.
Nell’attuale crisi economica, sociale e politica che investe tutto l’Occidente appare quanto mai urgente rimettere in circolo una buona dose di fiducia così da delineare orizzonti condivisi attraverso il faticoso esercizio della democrazia. Quest’ultima nasce dal credere gli uni negli altri all’interno della communitas e muore quando prendono il sopravvento gli «increduli», cioè coloro che non nutrono fiducia negli altri, nella società e a volte nemmeno in se stessi.
Libertà, giustizia, solidarietà, uguaglianza, dignità di ogni essere umano smarriscono il loro significato, evaporano come parole inconsistenti se viene meno la fiducia reciproca e nella possibilità dì un mondo migliore. Perché sulla capacità di credere si gioca la qualità della nostra esistenza e della convivenza civile.
Bellissima disanima. Ma bisogna anche porsi le giuste domande e cominciare a darsi delle risposte. Personalmente la mia fiducia si è infranta quando ho sentito con le mie orecchie dire ad un conoscente che poi ha fatto e continua a fare carriera politica “mi butto in politica per prendere lavori”. Ecco, sono a posto! Fiducia nel sistema infranta, oltre alla magra consapevolezza di votare per il ‘meno peggio’, che non è una gran soddisfazione.