Sala: Il PD non basta nuove alleanze su equità sociale, lavoro, ambiente e sicurezza
Se si frequenta Milano con una certa assiduità ci si accorge quanta vivacità economica, culturale, sociale ci sia. Sembra di vivere in un’altra dimensione rispetto alla palude romana, ma anche rispetto alla sazio capacità di adattamento della provincia romagnola. C’è un pensiero sulle grandi linee strategiche di crescita della città, ma anche la valorizzazione delle forme di socialità nei quartieri della periferia e si sente che la sicurezza non è affrontata solo come un problema di repressione, ma soprattutto di sensibilità sociale, di capacità di non abbandonare le persone deboli e di trovare momenti di socialità e di protagonismo diffuso. Insomma a Milano si respira una modernità calda e oggi su Repubblica il sindaco Sala si misura con alcuni temi di attualità che danno il senso della sua evoluzione da freddo manager a personalità politica.
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Oggi su Repubblica, Piero Colaprico intervistai il sindaco di Milano Beppe Sala, dopo la richiesta di condanna a tredici mesi avanzata dal pm per l’accusa di abuso d’ufficio per la firma su un verbale di Expo. «Non ho mai avuto consapevolezza della retrodatazione di quel documento, pur avendolo firmato – dice Sala – non ci sono prove che ne fossi al corrente, non una mail, un sms, una testimonianza. Con l’Expo mi sembra di aver fatto un miracolo e la retrodatazione non ha provocato alcun effetto illecito. Vediamo».
Colaprico ad un certo punto chiede, a proposito dell’esiguità delle tangenti di cui si parla nell’inchiesta che ha recentemente avviato una nuova fase di arresti in Lombardia: è la spia che la politica è inesorabilmente diventata una “cosa da ricchi”? «Parlare degli stipendi dei politici è un tabù, invece la questione c’è e va affrontata. Perché si accetta che il sindaco di Milano guadagni meno di ciascuno degli 80 consiglieri lombardi? È ovvio che se sollevo il discorso non è per le mie tasche. Ma credo che un consigliere comunale a Milano non possa vivere con quello che prende, cioè 1.200 euro al mese. L’argomento, tenuto sotto la sabbia, è cruciale e la soluzione forse è avere molti meno politici e pagarli il giusto». Non dirà che è lo stipendio basso a favorire la corruzione? «Assolutamente non dico questo, però non la disincentiva. Ogni politico dovrebbe essere più corretto della media. D’altra parte, guardiamo che sta accadendo. Oggi si sono affacciati due estremi nella politica. Chi è ricco. Oppure chi non ha niente e non ha alcun curriculum nel mondo del lavoro. Il risultato complessivo è troppi incompetenti nella stanza dei bottoni».
Dopo le europee Sala non si aspetta alcuna crisi post voto. Il vero tema sarà la finanziaria del 2020. Quello potrebbe essere il momento di rottura. A proposito del risultato del centrosinistra il sindaco dice: «Porto rispetto per il prezioso lavoro di riorganizzazione del partito che sta facendo Zingaretti, ma è evidente che se non nascono altre forze a sinistra il Pd che potrà fare? Al massimo una bella opposizione. Ci sono oggi almeno quattro questioni fondamentali, e cioè equità sociale, lavoro, ambiente e sicurezza. A questo elenco si può certamente dare una risposta di destra o di sinistra, ma soprattutto servono risposte credibili e non schematiche. Sto a sinistra, ma mi ritengo più liberista del Pd in materia di economia e sono probabilmente più a sinistra del Pd in materia di diritti civili. Per me esiste la necessità di parlare con tutti, diciamo con i “padroni” e con i lavoratori, e di parlare con la stessa intensità, tenendo però presente che la stella polare è “sviluppo-solidarietà”. Lo sviluppo si ottiene ragionando di economia con chi l’economia la fa». E con le banche? gli chiede Colaprico: «Con i banchieri dobbiamo parlare, svolgono un ruolo importante, pur non ignorando le leggi del mercato sono però perplesso nel vedere i loro continui record di profitti mentre il Paese soffre. Il senso della comunità devono averlo tutti».
Sala conferma che in questi anni è cambiato: «All’inizio avevo il problema di dimostrare che non ero solo un manager e, per altro, quasi quasi mi toccava certificare ogni volta che nelle mie vene scorreva sangue di sinistra. Questo mi bloccava un po’. Dalla campagna elettorale sono passati però tre anni e mezzo, mi sento finalmente più libero di esprimere il meglio di me stesso. Faccio meno riunioni e punto di più sul dialogo con la cittadinanza. E poi ci sono le questioni valoriali, per esempio un argomento per cui so di essere molto apprezzato è l’antifascismo, che per me è storia familiare, è mio da sempre».
E “da grande” che cosa farà? Al momento due motivi mi tengono a Milano – spiega – Il primo è che ho davanti due anni di mandato e sono quelli in cui si raccoglie quel che si è seminato. Il secondo è che comunque è molto improbabile che la sinistra possa governare. Però la passione per la politica mi è cresciuta dentro, so che devo consolidarmi come figura pubblica. La richiesta della maggior parte dei candidati di sinistra per le amministrative di supportare la loro campagna elettorale la vivo come un bel segno e un motivo d’orgoglio. Il resto è prematuro.
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