Una vita da Gianni Morandi
E’ da un po’ che mi imbatto in Gianni Morandi.
Era l’estate dei miei 6 anni. Credo. Sui grandi libri della letteratura russa il posto dove abitavo poteva, a buon diritto, essere definito un quartierino: in via Fornace Gallotti (un gruppo di case sulla via Emilia a metà strada tra Imola e il Piratello). Le finestre degli appartamenti, tutti piccoli e umili davano su un cortile lungo. Da una parte erano ammonticchiati dei materiali da costruzione, con una certa confusione e per entrare in casa c’era un cortile a forma di budello lungo e stretto dove passavo – quando il tempo lo permetteva – tutto il mio tempo all’aperto, controllato a vista da mia madre che cuciva, con la sua Singer nera, davanti la finestra.
Da giugno a settembre da una finestra del secondo piano uscivano le note di un mangiadischi sparate a volume alto, quasi deformate. Una canzone mi piaceva da impazzire ed ero fortunato perchè il 45 giri passava decine di volte ogni pomeriggio… “Io voglio per me le tue carezze, si’ io t’amo piu’ della mia vita. Ritornerò in ginocchio da te”. E’ così che ho incontrato la voce di Gianni Morandi (anche quella di Mina e di Celentano, ma lui mi piaceva di più).
Qualche tempo dopo, non tanto, ero comunque alle elementari, scrissi un tema, o forse erano pensierini e basta, dove dicevo, più o meno: “Il mio cantante preferito è Gianni Morandi, mi piacciono le sue canzoni perchè parlano di cose belle e mi piace come si muove in televisione, con quelle sue mani enormi che muove seguendo il ritmo della musica, canta cose che si capiscono e che si imparano presto a memoria”. Lo ricordo perchè la cosa delle mani oltre al maestro fece ridere mia zia, che invece era fan di Domenico Modugno, e in casa se ne parlò per un po’ di tempo.
Ho abitato in quella casa fino al 1969 e ogni estate dalla finestra dell’inquilina del secondo piano, Anna Mora (Mora si deve intendere per il colore dei capelli, non per il cognome che non credo di avere mai saputo) arrivavano le note della musica dell’epoca, sempre Gianni con In ginocchio da te, ma anche: Non son degno di te, Se non avessi più te, Si fa sera e La fisarmonica… In più mi ricordo come se fosse ieri una ballata che non c’entrava nulla con Morandi: Il Ragazzo Scomparso a Viareggio (la storia del rapimento e dell’omicidio di Ermanno Lavorini, ho ritrovato la versione di Franco Trincale su YouTube).
La passione di Anna Mora per Morandi non era solo musicale. Veniva da Monghidoro – è in quel paese in provincia di Bologna dove Gianni Morandi è nato l’11 dicembre 1944 – conosceva il padre, il calzolaio del paese e aveva visto in diretta i primi passi dell’énfant prodige della canzone italiana, e lo guardava quando prendeva la corriera per andare a Bologna.
Il modo di vestire di quella signora che mi appariva vecchia, ma in realtà aveva passato i 30 anni da poco, era assai particolare per un seienne: colori vivaci, occhi viola, trucco pesante, rossetto di un rosso molto intenso, forme generose, voce squillante e una scia di profumo persistente anche all’aperto. Usciva poco e penso mi avesse preso in simpatia, perchè ricordo che ogni tanto mi raccontava del suo paese d’origine, della nostalgia e della voglia di tornare, ma allo stesso tempo di volerne stare lontana.
Attorno a lei c’era sempre un alone di mistero. Ricordo di avere pensato, ad un certo punto, che fosse un’artista, una cantante… L’avevo vista con una vestaglia rosa, di pizzo e mi aveva dato questa impressione. Poi sentii quale fosse il suo mestiere. Faceva “la vita”. Non mi era chiaro che cosa volesse dire e a quel punto le mie domande dovevano avere delle risposte un po’ più chiare… Col tempo, in effetti, ho capito qualcosa in più.
Ma le persone che facevano il mestiere de “la vita” hanno mantenuto per me (forse ancora oggi) lo sguardo di Anna Mora e una collocazione geografica, pensavo venissero tutte da Monghidoro.
“Vita”, tanti anni dopo, Gianni Morandi l’ha cantata con Lucio Dalla e l’ha rifatta anche l’altra sera al Teatro Duse di Bologna dove si esibisce in 25 serate con lo spettacolo ‘Stasera gioco in casa’. Vita non è un capolavoro, ma raccontata sul palco, rievocando gli oltre 100 concerti fatti con Lucio, fa venire i goccioloni agli occhi.
Morandi nello spettacolo racconta decine di aneddoti e a proposito di Dalla sostiene: “Sapete cosa rispondeva Lucio alla domanda cosa vuoi fare da grande quando era bambino? – Voglio fare il cane, così posso pisciare sui muri della città”.
Se avete una piccola possibilità di andare al Duse da qui a febbraio, fatelo. Entrerete dentro un’antologia vivente, passerete una bella serata con uno dei maggiori interpreti della musica popolare italiana. Morandi è un mattatore assoluto, per chi lo ha amato sarà un piacere, ma io sono convinto che dovrebbe essere uno spettacolo da mostrare alle scuole, perchè attraverso Morandi e le sue canzoni si capisce un pezzo importante della storia di oltre 50 anni dell’Italia: dal boom economico al darvinismo buono di “Uno su mille ce la fa”.
Ecco, più o meno, la scaletta della serata:
Con ironia, leggerezza e passione Morandi racconta del rapporto con suo padre che vedeva la musica come una perdita di tempo, perchè la cosa importante era fare dei lavori “veri”. Infatti per qualche tempo Morandi ha lavorato come ciabattino, nel negozio del padre, ha anche venduto bibite e, ho scoperto, ha tentato la carriera di pugile.Sui suoi inizi nello spettacolo spiega come avesse imparato tutte le canzoni di Claudio Villa per andare a fare il suo primo provino, nel 1958, alla corte della maestra Alda Scaglioni di Bologna. All’ultimo momento cambiò idea e cantò Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno, perchè ormai era una sorta di inno alla modernità.
Ho qualche ricordo personale della sua carriera, quasi tutti virtuali. Ad esempio a me Laura Efrikian piaceva molto (mi ricordava una mia compagna di classe delle elementari di cui fui perdutamente innamorato fino alla terza) e quando lui, con la divisa da soldato, appariva sui rotocalchi del periodo dopo che si era sposato di nascosto nel 1966, fui molto invidioso. Poi ricordo le grandi sfide a Canzonissima, con il vecchio mondo di Claudio Villa (che piaceva molto a mia mamma) e con l’altro astro nascente: Massimo Ranieri (Rose Rosse ed Erba di Casa mia le cantavo, ma mi sembrava di fare un torto a Morandi).
L’enciclopedia Treccani sintetizza così la sua carriera:
[…] Notte di ferragosto, vincitrice del Cantagiro 1966; C’era un ragazzo che come me, 1966; Scende la pioggia, vincitrice di Canzonissima 1968). Superata una fase di crisi nel corso degli anni Settanta, M. tornò sulla cresta dell’onda all’inizio degli Ottanta con titoli tuttora validi quali Canzoni stonate (1981) e Uno su mille (1985) e vincendo nel 1987 il Festival di Sanremo con Si può dare di più (con U. Tozzi ed E. Ruggeri), cui fecero seguito altri successi fra cui Bella signora (1989), La regina dell’ultimo tango (1996), L’amore ci cambia la vita (2002) e Grazie a tutti (2007) […]
Anche se non esibiva la sua appartenenza politica era evidente – per me – che Morandi fosse “dei nostri”. Da allora, per sempre, “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” faceva parte della colonna sonora che si cantava in pullman mentre si andava alle manifestazioni. Ma anche Al Bar Si Muore e Il Mondo Cambierà sono brani che erano nel mood della fine degli anni ’60.
Ho letto da qualche parte che il suo primo concerto fu ad una festa de l’Unità e il compenso fu di 1000 lire. Anch’io lo ricordo alla “Festa Grande de l’Unità di Imola” al Mercato Ortofrutticolo, negli anni ’70. Si disse ci fossero 7000 persone, ma mi pare una stima esagerata, lo spazio non poteva contenere così tante persone… Ma neppure con Giancarlo Pajetta veniva così tanta gente.
Al concerto di Bologna mi ha emozionato Occhi di Ragazza e un tuffo al cuore l’ho avuto anche con “Chiedi chi erano i Beatles”. Gaetano Curreri ha spiegato che il testo della canzone era una poesia di Roberto Roversi (il suo spirito ha aleggiato per il teatro) e che Lucio Dalla gli chiese di scrivere la musica per quel testo. Curreri non voleva farlo perchè scrivere la musica su un testo già scritto è molto complicato, ma Dalla ha insistito fino allo sfinimento e alla fine il leader degli Stadio acconsentì e così ebbe origine questo pezzo strepitoso.
Una volta sono stato un paio d’ore con Morandi. Era d’inverno, nel 1999, avevamo appuntamento a Ciampino per prendere un aereo con l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema (a quei tempi, il mio principale), dovevamo fare scalo, mi pare, a Orio al Serio per caricare Roberto Baggio e poi andare tutti insieme a Zurigo ad un incontro con la comunità italiana. La gita, alla fine, non si fece perchè – occasione più unica che rara – l’aeroporto svizzero rimase chiuso per nebbia per diverse ore… Così ho chiacchierato con Morandi a lungo, poi siamo andati insieme a Palazzo Chigi e “l’evento” si chiuse con un caffè…
Mi piacque, Morandi. Non aveva bisogno di esibirsi e “non se la tirava per niente”. Mi ha fatto “in privato” la stessa ottima impressione che mi ha sempre fatto in pubblico. Una persona seria, precisa, sicura, alla mano. Uno che è venuto dal niente ed è diventato un principe, ma che ha conosciuto, anche nel successo, momenti di magra, ma che ha gestito tutte le situazioni con un notevole stile. Morandi negli Stati Uniti sarebbe un campione del sogno americano, in Italia è l’incarnazione del sogno emiliano: uno che con la passione, il rigore e tanto lavoro ha ottenuto il successo ed è stato capace di cambiare senza svendersi.
Qualche mese dopo il mancato viaggio in Svizzera, Morandi tornò in televisione, su Rai Uno ed inaugurò una sua nuova stagione di grande successo. Ci fu un episodio che contribuì a far discutere del programma: un’ospitata di D’Alema e successive pelose polemiche… Il programma fu replicato per due stagioni ed ebbe un successo clamoroso, che lo trascinò, qualche anno dopo alla conduzione di due edizioni del Festival di Sanremo che furono a loro volta dei grandi successi.
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