La merlettaia (di Cinzia Leone)

Ott 27, 14 La merlettaia (di Cinzia Leone)
Cinzia Leone
Grafica e Giornalista
La nostra prima volta. Prima che Il Riformista vedesse la luce. Donna curiosa e colta con una grande esperienza nell’editoria italiana. Anche a RED ci siamo divertiti.
La merlettaia
Nel nord della Romania, nell’estate del 1989.
La foto. Nelle colline di quell’angolo di Bucovina non è mai tanto caldo, o almeno in quell’agosto tutto sembrava calmo e depresso. Covava una rabbia latente che da lì a poche settimane sarebbe esploso nella rivoluzione più violenta dell’Est europeo.

 

 

Romania, 1989

 

Esposti come bucato ad asciugare, la merlettaia romena colta dall’obiettivo di Claudio Caprara esibisce i suoi ricami col piede ben fermo sulla valigia dove saranno rituffati a fine giornata. Sono scienza delle sue mani o è solo un’ambulante? La merlettaia vende quello che conosce, filo per filo. Per secoli la cucina, i veleni e il ricamo sono stati i graffiti della donne: il concentrato della loro resistenza e creatività. Figlio del rammendo, e fratello gemello del disegno e della pittura, il ricamo è la loro tavolozza di cotone e di seta.
Il primo pixel della storia, il punto croce, è una invenzione femminile. Frutto della creatività delle donne anche il punto a giorno, il piccolo punto, il punto reale, il punto Assisi, il punto inglese e il punto a festone. Disegni tramandati di madre in figlia e ricami custoditi di generazione in generazione hanno disegnato nei secoli un patrimonio identitario femminile pieno di creatività e di segreti. Il tempo al passato è d’obbligo. La modernità e l’emancipazione sciolgono l’intreccio e regalano il ricamo alle macchine.
Ago e filo, maschili per il dizionario, sono femminili per la storia. Le Parche, una fila la vita, l’altra dispensa il destino ricamandone durata e fortuna, la terza taglia il filo. Penelope tesse e disfa la tela come una barricata di sopravvivenza. Scheherazade, ricamando storie, rinvia la sua esecuzione per mille e una notte. Biancaneve nasce da un incidente di cucito della madre, la regina che pungendosi con l’ago, esprime il desiderio di una figlia con la pelle bianca come la neve, le guance rosse come il sangue e i capelli neri come l’ebano.
I ricami delle donne sono cuciti alla nostra vita. Sui fazzoletti ad accogliere pianti disperati e interminabili raffreddori. Sulle lenzuola a testimoniare nascite e morti, notti insonni o bruciate dalla passione. Sulle tovaglie ad  ospitare pranzi di nozze e banchetti. Sui paramenti sacri e sugli altari a confortare riti e pentimenti. Le iniziali ricamate sulla biancheria marchiano camice e corredi. Se non ci siamo confusi e smarriti è merito di quelle lettere ricamate che, meglio di uno psicoanalista, confermano identità e appartenenza.
Il ricamo riconduce all’ordine e alla bellezza il caos dei fili dell’esistenza. «Si ritiene che le donne abbiano portato scarsi contributi alle scoperte e alle invenzioni della storia della cultura, ancorché forse (…) abbiano inventato una tecnica, quella dell’intrecciare e del tessere» scrive Freud nel ’32 riconoscendo alla metafora del tessere e dell’intrecciare una parte centrale nella teoria dei processi inconsci. La trama degli affetti e dell’eros, e i suoi ricami impazziti, catturano il padre della psicoanalisi. Per Freud il ricamo è portatore di messaggi e, nella tradizione tedesca delle frasi ricamate, anche di parole. Alla fidanzata Martha ne chiede in regalo due da incorniciare. Uno con la frase che Voltaire fa dire a un protagonista di Candide.”Travailler sans raisonner”: un “raisonner” come pensiero astratto che inceppa il lavorio della mente. Il secondo con l’invito, sempre di Voltaire: “Coltiva il tuo giardino”. l’Illuminismo scopre il lavoro come forza dell’uomo libero. Ricamato da una donna.