Nel set di American Graffiti (di Francesco Costa)
Ago 02, 17
GiornalistaLa nostra prima volta. L’ho incontrato a Roma quando stava a l’Unità nel 2010, di lì a poco tempo saremmo entrati in sala parto de Il Post. La sua serietà e il suo rigore mi hanno colpito.Nel set di American GraffitiModesto, 1995La foto. Gli hamburger su un set cinematografico di un film cult: c’è poco di meglio; anche se la foto è poco bella, a partire dalla camicia di Rudi.
I ristoranti sono posti in cui si mangia; i diner americani invece sono posti in cui succedono le cose. Restano aperti fino a tardi. Hanno tavoli grandi e sgombri, senza tovaglie. Il servizio è spiccio e informale. Sono rumorosi. Si può restare quanto si vuole. Sono posti fatti per passarci dentro il tempo, più che per mangiarci e basta: e portarsi un libro, il computer, il lavoro, lo svago, gli amici – pure le ragazze, ma solo le migliori. La standardizzazione della cucina non prevede guizzi o invenzioni ma una serie di prove fisse in cui tentare di eccellere, dall’hamburger alla cheesecake, dalle costolette di maiale alle omelette: che è un altro modo per sentirsi sempre a casa, ovunque.
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