Giù il cappello per Bonan, funambolo del Calciomercato
Ago 14, 17
Il filo non è ciò che si immagina. Non è l’universodella leggerezza, dello spazio, del sorriso.E’ un mestiere.Sobrio, rude, coraggioso.
[Philippe Petite,Trattato di funambolismo.Ed. Fonte delle Grazie – 1983]
Non conosco personalmente Alessandro Bonan, ma sono quasi certo che se potesse scegliere un nuovo lavoro farebbe il cantautore. Si vede che ama il calcio, ma lo racconta come se fosse un giovane Jep Gambardella dentro la Grande Bellezza del pallone, spesso con una mal celata indolenza. Lo fa alla grande, perchè non c’è nessuna pesantezza in questo atteggiamento. Tutt’altro! Anzi, c’è una classe notevole. Perché con eleganza tira lo spettatore per la giacchetta e lo spinge sul terreno dell’ironia. E’ come se – come Frank Underwood – guardasse in camera e dicesse: “Il calcio è una cosa molto seria, per questo bisogna saperci ridere sopra”.
La forza di Bonan è la sua capacità di guardare alle cose con l’equilibrio frutto di un distacco lucido. Riesce a farlo perché è un professionista di grande mestiere, ma soprattutto per la sua sensibilità eclettica. La differenza tra lui e Caressa (anche lui tra i migliori giornalisti di questi anni), è che usa il fioretto e l’altro la sciabola.
La qualità che io preferisco di Calciomercato l’Originale (che dal 14 agosto riprende finalmente ad andare in onda su Sky, fino al momento della chiusura del mercato il 31 agosto) sta anche nell’armonia tra ironia e serietà. Si guarda, certo, per avere le notizie della propria squadra del cuore (parentesi: diteci che arriva Belotti e non Kalinic… per favore), ma anche per la leggerezza che si respira in quell’ora che vola via. Con Bonan che con maestria riesce a stare in mezzo tra la totale anarchia da cazzaro di qualità di Valerio Spinella in arte Fayna e quel secchione di Gianluca Di Marzio.
Il resto lo fanno gli ospiti: il mio amico Gianfranco Teotino, professorale, con la puzza sotto il naso, ma molto preparato, soprattutto sulle politiche del calcio; Paolo Condò quello che più ricorda Gianni Brera nel giro nel giornalismo sportivo italiano; Marco Bucciantini, il Baricco del pallone… solo per citarne alcuni.
Poi ci sono le donne. Anche su questo c’è una piccola rivoluzione. Sono tutte belle – Giorgia Cenni, Marina Presello… Federica Lodi (che è la preferita in famiglia) – e sono tutte super competenti. Insomma la figura della valletta è spazzata via: neppure l’ironia di Arbore era riuscito a evitare di indugiare sulle qualità fisiche delle ragazze in trasmissione.
Ma l’esempio al quale voglio paragonare Calciomercato L’Originale ad un programma che ricordo nelle nottate dopo la domenica sportiva condotto da Gigi Garanzini che incontrava i massimi esponenti del giornalismo sportivo italiano su una tavolo con una tovaglia a quadri, imbandito con pane, salame e vino rosso… Ero convinto fosse proprio un’edizione della Domenica Sportiva, ma neppure Wikipedia mi soccorre nella conferma. Garanzini fu una rivoluzione in mezzo agli ingessati (ma ancora impeccabili) Tito Stagno e di Paolo Frajese, ma in Rai durò poco ed emigrò nella periferia delle tv. Oggi il calcio parlato è il territorio di Alessandro Bonan e credo valga la pena provare a definirne alcune caratteristiche.
Intanto Calciomercato L’Originale funziona perché affronta con la serialità una delle fasi più avvincenti del calcio: le chiacchiere estive… E comunque sia, si tratta sempre di calcio e per noi, come diceva alle origini della sua carriera politica Walter Veltroni, Il Calcio è una scienza da amare (un libro curato da lui per Il Pane e Le Rose la collana di Savelli che ci ha fatto conoscere Porci con le Ali…). E, come tale, si tratta di vita. Tra i commentatori che ho citato il più scienziato è certamente Paolo Condò, ma se lui è scienza, Alessandro Bonan è fantascienza. O, meglio ancora: se Condò è realismo, Bonan è surrealismo.
Non è forse surreale che nel 2017 un conduttore scriva e interpreti le sue sigli? Bonan lo fa. Quella di quest’anno è un vero e proprio inno surrealista: un testo che contiene la parola “pregiudizi” e ancor più “determinazione” è chiaro che è scritto da un giornalista sportivo, che comunque pensa con ritmo.
Ho provato a leggere il testo della sigla di quest’anno, dedicata al René Magritte delle bombette, e se sostituiamo alla parola “cappello” la parola “cazzeggio” il viaggio ci porta comunque in un’estate bellissima.
Che cos’hanno in comune Magritte e il calciomercato?
Magritte non amava viaggiare, in un’ epoca in cui tutti gli artisti viaggiavano freneticamente. Forse chi alle 23 di sera si piazza davanti alla tv non viaggia molto, o fa viaggi talmente comodi da non poterli considerarli tali.
Magritte è considerato il più paradossale di tutti i surrealisti: un solitario, ironico, freddo seminatore di dubbi. Come ho detto la qualità migliore della trasmissione è camminare sul filo dell’ironia che non si spezza mai. La freddezza non c’è, e il rapporto col dubbio che si respira in trasmissione è aperto, “laico”, considerato necessario.
Le figure di Magritte ricordano le vecchie insegne dei negozi ed esprimono: una certa ingenuità, un’immobilità, anche una goffaggine. Nello stesso tempo, però la sua pittura è di un’efficacia immediata, fa capire subito di che cosa tratta: rende chiare e visibili le idee che aveva sulla funzione dell’ arte. Essere chiari e autorevoli su un tema fatto per il 99% di ipotesi costruite su informazioni confidenziali, senza essere grevi, e rendendo credibile che non si vogliono imbrogliare gli spettatori fa parte della chiarezza della trasmissione, che per questo è molto onesta. (Anche se questa – in teoria – dovrebbe essere una qualità del giornalismo in generale… ma non è sempre così).
Ma qui arriviamo all’ultimo punto: decisivo… anche se il lettore si sarà già addormentato ed avrà abbandonato da tempo questa pagina: “L’ unicità di Magritte tra i surrealisti è consistita in una metafisica solitudine, come quella che circonda il suo protagonista di tanti quadri: l’uomo con la bombetta, in una certa altezzosa esclusività, in una freddezza da dandy nei riguardi della realtà. Nel 1923 Le Corbusier aveva riprodotto in uno dei suoi testi teorici una pipa, come simbolo del disegno semplice e funzionale. Sei anni dopo la risposta al razionalismo del grande architetto arrivò con un famoso dipinto di Magritte, da allora forse il suo più conosciuto, intitolato Il tradimento delle immagini, che mostrava una pipa con sotto una scritta: “Ceci n’ est pas une pipe”. Magritte aveva affrontato uno dei temi-chiave della cultura moderna, il linguaggio, e ne denunciava l’ estrema approssimazione nel descrivere la realtà come fonte d’ inquietudine”.
Calciomercato si occupa di cose da bar di ultima categoria, ma fa sentire lo spettatore che lo guarda uno figo. Certo c’è il fatto che è su una pay tv, che rende la visione esclusiva, ma a me pare che sarebbe la stessa cosa anche su TeleCapri… Perché la chiave della trasmissione è nel linguaggio. Non è facile rivoluzionare il linguaggio in un segmento di attività così definito e specifico. Il calciomercato è fatto da un numero limitato di termini, ma da fiumi di parole e di luoghi comuni. Ma introdurre dentro questo microcosmo la musica (inconfondibile e identitaria), l’invenzione di un finto giornale, le parole crociate, applicare tanto dell’immaginario televisivo classico (ad esempio la gag della cabina del vecchio Rischiatutto) a me pare molto intelligente… Senza contare che un po’ dandy Bonan lo è. Poi, per me quasi un colpo di scena, oltre alle canzoni il conduttore ha scritto anche un libro (che non ho letto e, chiedo scusa, non ho alcuna intenzione di farlo), ma che si chiama proprio “Anatomia di una voce” e anche l’opera letteraria ha come soggetto l’ascolto anche furtivo di diversi linguaggi nella metropoli di Milano.
Il parallelo che ho fatto Magritte\Bonan è un gioco. Cazzeggio agostano. Ma ero partito da un elogio dell’equilibrio che l’Originale mantiene agendo con garbo in un calcio fatto di eccessi e oggi mi è ricapitato in mano – dopo anni – un libro delicato e da leggere assolutamente (per chi ancora non l’anno fatto): Trattato sul funambolismo. Werne Herzog (uno tutt’altro che surrealista) ha scritto: “Ecco un libro sulla paura e la solitudine, un libro sul sogno e la poesia, sulle altezze crudeli e le nobili audacie, sull’equilibrio maestoso e l’immobilità di un altro mondo, sulla caduta e la morte. Esso evoca un’estasi che sonnecchia nel profondo di ciascuno, uno stato interiore magnifico, come una luce nascosta. Ti rendo omaggio, Philippe, Uomo Fragile del Filo, Imperatore dell’Aria. Come Fitzcarraldo, sei tanto raro e prodigioso che più non si potrebbe: un Conquistadores dell’Inutile. e m’inchino con rispetto profondo”.
Questa citazione non c’entra molto con tutto il resto, ma il grande rispetto per un “Conquistadores dell’Inutile” a me pare un complimento magnifico.
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