Pd ad Imola: scegliere per disperazione porta a perdere
Nelle mie riflessioni su Lega e M5S ho ragionato solo sul voto nazionale, perché ritengo che il voto imolese sia arrivato a strascico. Il discorso vale ovviamente anche per il PD. Non è mai successo che la sconfitta nazionale sia del Pd che dei Ds, del Pds e del Pci abbia visto Imola in controtendenza. Una cosa però era normale: si perdeva, ma un po’ meno. Questa volta invece non c’è nessun segnale diverso nel voto al Pd né rispetto all’Italia, né rispetto alla Regione. Quindi vorrei cercare di affrontare il tema più su questo, rispetto ai ragionamenti generali. Partendo da una cosa che voglio sottolineare: il Pd al 25% di Bersani ha governato per cinque anni realizzando alcune riforme molto importanti per la crescita civile del nostro Paese, affrontando – a volte in modo frettoloso e pasticciato – una situazione economica drammatica e assumendo in Europa e nel mondo una posizione di centralità come non succedeva da molto tempo. Tutte cose insufficienti a convincere gli elettori che, alla fine dei conti, hanno sempre ragione.
Mi è capitato di scrivere delle candidature a Camera e Senato che il Pd ha messo in campo nella nostra realtà. Io credo sia stato un errore grave non presentare nel collegio alla Camera, che è sovrapposto al nostro territorio storico di riferimento, un candidato espressione di Imola. Uno “straniero” non ha permesso di battere il territorio palmo a palmo, di comprendere fino in fondo i sentimenti profondi della nostra gente e soprattutto di condividere le forme di comunicazione e di azione politica per arginare la protesta nei confronti del Pd. La campagna elettorale di Manca per il Senato non poteva avere la stessa capacità di andare a fondo. La candidatura sbagliata ha mandato fuori gira la macchina organizzativa del PD già sfibrata. ha contribuito a perdere altri voti e soprattutto non è servita ad un allenamento sul campo, in vista delle elezioni per il Comune di Imola.
Il Pd avrà modo di discutere, confrontarsi e fare un bilancio – spero sereno – su come il partito è stato in questi anni appiattito e incapace di essere spazio di iniziativa e di stimolo anche nei confronti dell’Amministrazione. D’altra parte ho sempre riconosciuto a Daniele Manca qualità non comuni, ma la sua linea attendista sulla definizione di un candidato a Sindaco oggi diventa un boomerang e mette il centro sinistra imolese in una condizione di ulteriore difficoltà. Manca ha agito in totale solitudine. Si tratta dell’altra faccia della medaglia dell’arroganza e della protervia, perché Daniele è persona gentile e forgiata dal riformismo padano, ma ha fatto un errore.
Dopo una scoppola di queste dimensioni la lucidità dei gruppi dirigenti è fortemente minata. La mancanza di un rapporto di solidarietà con la vecchia guardia (che ho sempre criticato, ma non per questo meno rispettato ed ammirato) fa mancare anche una spalla su cui appoggiarsi per avere consigli non dettati dall’irritazione. La stessa vicenda di LeU, che giudico un clamoroso autogol a livello nazionale, forse poteva essere seguita con maggiore leggerezza dato che tutti noi sappiamo che, come diceva Pietro Nenni: “Se la politica non si può fare con i sentimenti, figuriamoci con i risentimenti”. Per cui è importante far “tornare a casa” un nucleo di persone che con noi ha condiviso per anni tutto il percorso che ha fatto il Pd anche ai massimi livelli.
Oggi il partito rischia di apparire un arnese inservibile soprattutto se si comincia a credere che sia un ostacolo alla riconquista del Comune. Sarebbe un errore drammatico. I militanti del Pd sono ancora più colpiti di tanti dirigenti che spesso sono stati cooptati strada facendo. Chi va in sezione ha ancora la voglia di fare, di lavorare alle feste de l’Unità, è interessato a capire e dare una mano ad arrivare alle decisioni che contano e – soprattutto – non può essere umiliato.
Ho sentito dire: “il PD non deve presentare il proprio simbolo alle elezioni amministrative”. Nulla sarebbe più sbagliato. Apertura alla società, candidature innovative, persone che rappresentano esperienze che vanno oltre l’esperienza di partito sarebbero il segnale di avere capito subito la lezione del voto del 4 marzo.
Poi, ovviamente, il punto di fondo riguarda la persona che sarà indicata dal Pd come candidato a Sindaco.
Io ritengo che essere il sindaco della tua città sia la cosa più bella che possa capitare ad una persona. Non si tratta di un lavoro, ma di qualcosa di molto più impegnativo: di una missione, di un matrimonio, di una immersione totale in un’attività che non ha né orari né giorni di festa. Chi si cimenterà in una tale opera non può non essere totalmente convinto di questa responsabilità che si prende di fronte ad una comunità ferita, ma che eventualmente dovrà sostenere diventando il capo di tutti gli imolesi.
Avevo detto un po’ di tempo fa chi, secondo me, non poteva fare il sindaco. I risultati elettorali non hanno cambiato quella mia opinione. Il 5 marzo, quando ho sentito Daniele Manca, mi ha detto che si doveva trovare una soluzione che rompeva gli schemi, una cosa totalmente nuova. Io sono d’accordo fino ad un certo punto.
Il problema non è esercitare la creatività e abbandonare la politica. La disperazione non è mai una buona consigliera.
La politica è necessaria per trovare le parole per discutere con chi non ha più votato alle primarie del PD dopo la sconfitta nel referendum, che non ha più votato PD (la maggioranza di questi, come vediamo nella tabella qui sotto, anche questa volta è andata nel non voto) dopo le europee e soprattutto serve per costruire una alleanza di forze che possano accompagnare la raccolta del consenso. Ad Imola la sinistra ha ancora una sua consistenza, ma è ancora più frantumata che a livello nazionale. Il centro – anche quelli che hanno votato Forza Italia – è un interlocutore che non va dato per perso. Si deve mettere in campo una proposta politica e programmatica credibile, che non può essere fatta di mera continuità con una faccia nuova al timone. Per questo il percorso di riflessione fatto prima del 4 marzo a me pareva a buon punto.
Manca viene da 10 anni da sindaco e conosce la nostra realtà meglio di chiunque altro: saprà certamente proporre una persona che ha le caratteristiche giuste per governare. La persona che sarà la migliore approssimazione possibile nella sintesi tra capacità amministrativa, credibilità pubblica, sensibilità sociale e spinta innovativa. Senza dimenticare che il carisma e la capacità di comunicare, soprattutto in questi tempi, non sono un aspetto opzionale.
Si devono motivare decine di persone a discutere nelle piazze, nelle case, nei bar per dare nuova linfa alle ragioni della convivenza civile. La comunità imolese non ha bisogno di un sindaco di centrosinistra per la sua tradizione. Ha bisogno di un sindaco in grado di far coprire le buche nelle strade, di uno in grado di ascoltare e capire i problemi delle persone, qualcuno con una mente aperta che conosca le potenzialità del nostro territorio e che le valorizzi in Emilia Romagna e in Italia. Per questo deve essere un progressista. Gli altri non sono capaci di farlo.
Questo è il momento della responsabilità e della freddezza nelle scelte. Buona fortuna a Manca, al Pd e ad Imola.
La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera. La disperazione non è buona consigliera.
CLAUDIO MAZZONI, che ringrazio, mi ha mandato questo contributo.
Ho letto con interesse l’intervento di Claudio Caprara, in seguito al quale intendo aggiungere alcune personali considerazioni. Un punto di vista, che non vuole essere un’analisi articolata del risultato elettorale, che richiede un’ampia e profonda riflessione e che non mi permetto di fare. Semplici considerazioni di un cittadino ed elettore di centrosinistra.
In tutta Europa, negli ultimi tempi, i partiti di matrice socialista hanno scontato pesanti insuccessi elettorali e l’Italia non ha fatto eccezione. Il PD, in particolare, il 4 marzo ha toccato il suo minimo storico. Le ragioni come ho detto vanno ricercate in profondità e richiederanno un dibattito aperto ed a largo raggio, sia a livello nazionale che anche europeo.
La Sinistra nella sua storia ha rappresentato per una grande parte delle persone (non solo a livello italiano) un punto di riferimento ben preciso e di speranze. La Sinistra si è sempre posta come soggetto politico capace di colmare la distanza tra cittadini e governanti, a difesa dei più deboli. Come anche si è posta come garante della dignità del lavoro, in ogni sua forma, sostenendo un capitalismo socialmente responsabile; ha perseguito lo sviluppo di sistemi di welfare inclusivi ed universalistici. Nei vari periodi storici, la Sinistra ha saputo esprimere una visione di Paese, capace di dare risposte ponendo l’individuo, con i suoi diritti e le sue aspettative, al centro delle sue agende politiche.
E’ quando la Sinistra smette di svolgere il suo ruolo nei termini sopra rappresentati, che si genera il corto circuito. Nei cittadini monta la rabbia e la paura e si perde speranza. Sentimenti che, gioco forza, alimentano una reazione contro l’establishment, che inevitabilmente porta ad un voto antisistema da parte di chi si sente abbandonato, non ascoltato, tradito nelle proprie speranze. Quello del 4 marzo è l’ennesimo grido di dolore di chi si sente vessato da un establishment accentratore, che abusa del potere per soli fini personali. Se vogliamo una forma riadattata di espressione dell’uomo qualunque di Gianniniana memoria.
Dove la demagogia e il populismo rubano la scena alla politica, dove chi invece di mostrare la realtà preferisce raccontare le favole che il popolo vuole sentirsi raccontare.
Di fronte alla crisi politica ed al vuoto attuale occorre trovare la forza di ripartire, non rassegnarsi, rilanciare un nuovo progetto politico capace di riproporre i valori della sinistra, per tornare a riaggregare i cittadini. Fare del PD una grande forza riformista ed europeista dove gli ideali e la tradizione della sinistra possano ritrovare slancio e ritornare ad essere trainanti sulla scena politica.
Per quanto riguarda le prossime elezioni amministrative a Imola, vedo invece una situazione diversa. Sono meno catastrofista. Il PD assieme alla coalizione di centrosinistra che ha governato Imola nell’ultimo quinquiennio, si presenta agli elettori con tutte le credenziali di aver ben amministrato. Il Sindaco Manca lascia in eredità una situazione positiva, dove la capacità di fare sistema, coinvolgendo tutte le risorse del territorio, è un modello che ha dato nel tempo i suoi frutti. Modello che sarebbe anche da prendere ad esempio.
Occorre partire, pertanto, da quello che è stato fatto per rilanciare una nuova progettualità che proietti Imola nel futuro. Stringere un nuovo patto sociale con i cittadini, che li veda maggiormente protagonisti ed interlocutori privilegiati.
Sarebbe, d’altra parte, un errore raccontarsi quanto si è stati bravi per le cose ben fatte, evitando di affrontare le nuove sfide che la città avrà di fronte in un contesto di transizione di portata storica. Nel prossimo futuro il mondo sotto la spinta dell’innovazione tecnologica vedrà cambiamenti epocali. Lo sviluppo in campi quali l’ingegneria genetica, l’intelligenza artificiale, le nanotecnologie, tanto per fare alcuni esempi, cambierà il modo di vivere e di lavorare di gran parte delle persone.
Come anche il nostro welfare richiederà un’opera di ammodernamento, anche attraverso la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, che permettano di poter al meglio sfruttare, anche in questo ambito, l’innovazione tecnologica e nello stesso tempo meglio garantirne la sostenibilità, l’inclusione e l’universalità d’accesso a tutti i cittadini.
Imola ha pertanto la necessità di dotarsi di un programma politico, che le permetta di entrare già da subito nel futuro, coalizzando tutte le energie che il territorio è in grado di esprimere, verso progetti di innovazione e nello stesso tempo inclusivi senza lasciare indietro nessuno.
Sul dibattito, circa il profilo del candidato a sindaco del centrosinistra da proporre alle prossime elezioni amministrative non mi permetto di intervenire.
Come ha ben detto Claudio Caprara fare il Sindaco di Imola richiede oltre che impegno, passione, legame con il territorio, sensibilità verso i bisogni di questa comunità, disponibilità al dialogo. Non vedo, personalmente, altri requisiti discriminanti relativi all’ambito di provenienza o di storia personale.
Ma, come ho detto, non mi permetto di dare consigli. Sono certo che chi è chiamato alla scelta, provvederà al meglio.