Il candidato migliore a Imola e il governo di larghe attese
Su La Stampa di oggi Gian Enrico Rusconi ragiona sui “populismi all’italiana” e si domanda se il successo del “nazional-populisti europei” possa produrre “la crescita esponenziale dei conflitti tra le nazioni nelle quali tali movimenti si sviluppano. Per ora si lodano reciprocamente, convinti di essere i protagonisti di una grande comune rivoluzione politica”. Le parole d’ordine che hanno vinto seguono la scia trumpiana “dell’ America first, cui segue fatalmente la France d’abord, Deutschland zuerst e il nostrano «Prima gli italiani». È la promozione di comportamenti irresponsabili e miopi che prima o poi saranno pagati da milioni di cittadini che si sono affidati, magari per disperazione, a questi movimenti”.
Il ragionamento di Rusconi mi convince perchè con questa contraddizione “in seno ai populismi” il centrosinistra dovrà fare i conti, senza inventarsi chissà che, ma facendo appello alla propria natura e dai propri valori rigenerare la propria presenza nella società. “Da un lato i due partiti rispondono ad identiche aspettative e richieste di interventi politici incisivi (se non «rivoluzionari») , in polemica con il tran tran inconcludente delle politiche finora praticate. D’altro lato però presentano proposte obiettivamente incompatibili tra loro, anche per le semplificazioni che i leader hanno operato in una campagna elettorale esasperata all’eccesso. Senza contare che la giusta e insistente polemica contro gli «impresentabili» ha favorito indirettamente la moltiplicazione degli «impreparati». È seguita la ricerca di persone competenti, esperti esterni, dichiarati un po’ pateticamente «di eccellenza», ignorati o snobbati dagli altri partiti”.
Adesso ci si trova davanti all’imbarazzo di decidere se la loro collaborazione diretta in un governo sia per principio impossibile o viceversa debba valere anche per essi la raccomandazione della «responsabilità per il bene comune». È sorprendente come nel giro di pochi giorni sia ritornato il buon vecchio collaudato lessico politico della responsabilità democratica dopo gli eccessi delle provocazioni verbali delle scorse settimane. Non so che cosa ne penserà Steve Bannon che nel suo elogio all’Italia «forza trainante del nazional-populismo» ha ripetuto l’antico complimento agli italiani che «sono più creativi dei britannici, francesi e tedeschi». Chissà se rimarrà sorpreso anche lui di una soluzione «all’italiana».
Governo di Larghe Attese
La diretta conseguenza di questo magma politico riguarda lo scorrere dei tempi di formazione di un governo. I numeri delle due camere tengono l’Italia in una situazione di stallo. Una condizione non credo così transitoria. In sostanza l’unica cosa su cui possiamo avere una ragionevole certezza è che andiamo verso un governo di “larghe attese”. Non una buona notizia per chi si troverà, tra poche settimane a votare di nuovo, seppure a livello amministrativo.
Io credo che il centrosinistra, proprio perchè viene fuori da un frullatore, debba guardarsi allo specchio e ripartire dai fondamentali. Ad Imola il buon nuovo governo non può prescindere dalla competenza: non dalla novità. Nel nostro caso il nuovo è nemico del buono. Il Pd deve partire dalla consapevolezza che comunque le cose che sono state fatte non bastano e che fatalmente hanno prodotto anche a Imola una rottura con strato sociale importante che ora va ascoltato e soprattutto rappresentato.
In questi mesi ho raccolto tante parole per stimolare il confronto, il dialogo, l’elaborazione programmatica. Sono abbastanza convinto che molte di queste sollecitazioni siano cadute nel vuoto. D’altra parte ormai sono considerato da molti un “oggetto estraneo”.
(Non è un caso che il segretario del PD, Marco Raccagna, uno tra i primi che ho interpellato, non abbia trovato il tempo di fermarsi un momento a descrivere un suo pensiero ragionando sul termine “Egemonia”. Non è facile declinare oggi questo concetto in una città che è stata il simbolo del governo della sinistra italiana nel Novecento. Ma la sfida del governo di Imola oggi sta proprio in questo: senza aggrapparsi a Gramsci anacronisticamente).
Una cosa però è chiara: se a livello nazionale per il PD c’è una lunga attraversata del deserto: da noi non c’è il deserto.
Ad Imola c’è ancora tempo?
Elena Bacchilega, alla quale mi lega un’amicizia antica, ha scritto su fb in polemica (amabile) con il post che ho fatto domenica, dice cose sensate.
Era già tutto scritto: che ci sarebbero state le elezioni per il nuovo sindaco e che il PD doveva lavorare a una coalizione di centrosinistra capace di vincere.C’era da costruire una squadra che lavorasse sui programmi (“riempire le buche”) e non ragionasse in base a “quanti voti mi porti”; c’era da parlare di rifiuti, discarica, autodromo, scuola, sicurezza, cultura, lavoro, sanità. C’era soprattutto da ascoltare.
C’è ancora tempo? Si chiede sconsolata.
Non so dare una risposta a questa domanda, che trovo drammatica.
Domani sera ci sarà una direzione del Pd imolese che dovrà decidere cose importanti su come stabilire la road map che porterà alle elezioni amministrative. Io spero che in questa direzione ci sia anche la presa d’atto da parte dei candidati in campo (Davide Tronconi e Fabrizio Castellari, oltre che del candidato ombra Marco Panieri) che insistere su una loro “discesa in campo” sarebbe dannosa per il centrosinistra imolese. Da una parte per la chiara mancanza del supporto necessario di parti importanti della società imolese, dall’altra per la mancanza di credibilità e della necessaria esperienza nella guida della macchina comunale. Ci vuole da parte di tutti una presa di responsabilità che dimostrerebbe la loro serietà, intelligenza, qualità umana, ma soprattutto politica. Un atto di forza che mi auguro siano in grado di manifestare.
Tra tutte le persone che ho incontrato in questi mesi non vedo alternative credibili alla candidatura da parte del partito di maggioranza di una persona con esperienza imprenditoriale, con confidenza con la struttura amministrativa, con una chiara visione dello sviluppo della città e del territorio e con una spiccata sensibilità ai temi del sociale. Si tratta, come è evidente, di Stefano Manara.
Il Modello Zingaretti
Lui è l’unico che potrebbe avere le caratteristiche per riprodurre con successo a Imola il “Modello Zingaretti“. Potrebbe essere – se si ritiene necessario per allargare la sua popolarità – lavorare a primarie di coalizione che vedano Tronconi, Panieri e Castellari ad appoggiare la sua leadership e parallelamente si deve comunque lavorare alla formazione di almeno due liste civiche: almeno una di sinistra e almeno una di centro “Per Manara Sindaco” in grado di allargare il più possibile il panorama di candidati al consiglio comunale e la ramificazione della proposta politica riformista nella società.
Non è un disegno a portata di mano. Nonostante ci sia poco tempo, le cose vanno digerite, ponderate. Le persone vanno ascoltate. I metodi sbrigativi, arroganti, supponenti del partito ci hanno portato qui. Ragioni anche su questo il gruppo dirigente del PD. Il programma delle diverse liste non può essere un copia incolla di cose già dette. Il lavoro fatto nel profondo – da associazioni, gruppi, organizzazioni di base – in questi anni va valorizzato e condiviso, anche quando è stato fatto in polemica costruttiva con l’amministrazione della città.
Per fare solo un esempio: il tema della sanità (e de sociale) rappresentano il vero banco di prova della coalizione riformista. Il movimento che si è sviluppato in questi mesi è un interlocutore fondamentale. Davvero è questa la frontiera del governo dei prossimi 5 anni. Ma lo dobbiamo affrontare valorizzando l’autonomia imolese, premiando il meraviglioso mondo del volontariato che si muove nella nostra realtà, trovando candidati di grande spessore per esperienza maturata e per cultura. Mi viene in mente una persona di valore indiscutibile come Carlo Alberto Gollini, che sarebbe un meraviglioso assessore. Però, dobbiamo sapere, che deve passare anche da elementi non secondari di discontinuità rispetto al passato.
Già mi vedo la critica: Manara è parte del circolo di Manca. E’ una critica questa? Non possiamo cancellare la nostra identità. Possiamo migliorare le cose che non hanno funzionato bene. Dobbiamo superare i limiti caratteriali delle persone. Dobbiamo costruire una squadra più forte e più dinamica di quella che c’era fino ad oggi. Manara ha dimostrato con l’esempio personale, con il rigore intellettuale e morale di avere le carte in regola per affrontare questa sfida, senza scheletri nell’armadio. Ognuno di noi ha sulla pelle le cicatrici della vita che ha fatto e – da come l’ho conosciuto io – lui può essere orgoglioso di quello che ha realizzato.
Poi servono i partiti. Le organizzazioni. Le associazioni. I gruppi di persone. E’ necessario un notevolissimo lavoro organizzativo: si deve andare là dove si sono perduti tanti voti. Bisogna parlare con le persone. Si deve dare cittadinanza alle loro paure: non prenderne atto, ma spiegare che cosa possiamo fare per non lasciare sole le persone di fronte ai drammi, alle difficoltà, alle inquietudini che i tumultuosi cambiamenti della nostra società provocano. Non si può inseguire una demagogia opportunista. Dobbiamo dimostrare chi siamo veramente e che la risposta del centro sinistra è inclusiva e che ce la metteremo tutta per non lasciare indietro nessuno. D’altra parte dobbiamo continuare ad essere una forza capace di accompagnare l’innovazione e lo sviluppo.
“Nessuno nasce imparato” strafalcionava qualcuno. Uno che si laurea a 50 anni, che studia la notte, che mette nelle cose una passione civile così forte credo possa essere un riferimento molto importante. Manara non è senza difetti, ma è il migliore che il centrosinistra ha oggi a Imola. La nostra storia ci ha insegnato che a fare il Sindaco deve andare il migliore che le forze riformiste possono esprimere. Oggi c’è poco altro da inventarsi. E in ogni caso il risultato non è scontato.
Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara, Manara,
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