Dove ci sono garofani e cannella (di Roberto Roscani)
Ott 26, 15
Roberto Roscani
Giornalista
La nostra prima volta. Lo invitai a pranzo al ristorante Mangiafuoco in via Ostiense, era da poco diventato portavoce del segretario del PD, Walter Veltroni… Avremmo dovuto fare grandi cose insieme, ma non è ancora capitato.
Dove ci sono garofani e cannella
Paraty, Brasile, 1995.
La foto. Le chiese coloniali mi piacciono molto. Quelle piccole ancora di più. Paraty è un luogo da sogno e mi dico sempre che ci voglio tornare… Poi sento chi ci è andato negli ultimi 20 anni e mi dicono che è una specie di San Marino brasiliana e mi viene il dubbio che sia meglio riguardarla tra i miei ricordi.
Prima ancora delle immagini arrivano gli odori. Vecchie case coloniali, una città davanti al mare sdraiata tra due fiumi. Punge l’odore di cannella, più leggero quello dei garofani. Sopra a tutti l’odore del cacao. Jorge Amado aveva due passioni, anzi tre. La prima era il suo Brasile, la seconda erano le donne (è difficile che uno scrittore scriva romanzi che hanno al centro delle eroine donne, lui l’ha sempre fatto, segno che le amava davvero). La terza passione era il comunismo. Ma questo è un altro discorso e ci porterebbe lontano come portò lontano Jorge, esule a Parigi a Praga, persino a Mosca.
L’immagine in fondo è semplice: una piccola chiesa bianca senza troppi fronzoli, un campanile, quelle addolciture rotonde a ricordarci che siamo in Brasile. Una casa ancora più piccola. Una strada di terra battuta, vecchi pali della luce di legno, come quelli che c’erano qui da noi negli anni cinquanta. Parati o Paraty era famosa come porto dell’oro nel Cinquecento, raccontano che la città è tanto bassa sul libvello del mare che quando cresce la marea l’acqua risale le strade che diventano canali. Quello splendore da galeoni e da impero portoghese non c’è più da tanto tempo.
Nella foto neanche una persona, anzi no, ce n’è una piccola, piccolissima, indistinguibile. Jorge Aamado era un genio e anche un padre. Gabriela garofano e cannella (il titolo della foto viene da lì) faceva parte dei libri che lui chiamava del ciclo del cacao. Il cacao era l’oro brasiliano. Colonnelli, pistoleri, delinquenti e persino un arabo c’erano in quelle pagine. Marquez le aveva bevute da ragazzo e lo raccontava riconoscendo i debiti. Altri no, ma i debiti c’erano ugualmente.
Parati sta a sud, sotto Rio. Ha un cielo bellissimo e increspato, palme e tetti di tegole che servono per spartire la pioggia. Ha il sapore di un luogo dove si potrebbe passare la vita, non da turisti. Forse a cercare Gabriela. Magari senza trovarla, ma il profumo dei garofani e della cannella ci potrà consolare.
L’immagine in fondo è semplice: una piccola chiesa bianca senza troppi fronzoli, un campanile, quelle addolciture rotonde a ricordarci che siamo in Brasile. Una casa ancora più piccola. Una strada di terra battuta, vecchi pali della luce di legno, come quelli che c’erano qui da noi negli anni cinquanta. Parati o Paraty era famosa come porto dell’oro nel Cinquecento, raccontano che la città è tanto bassa sul libvello del mare che quando cresce la marea l’acqua risale le strade che diventano canali. Quello splendore da galeoni e da impero portoghese non c’è più da tanto tempo.
Nella foto neanche una persona, anzi no, ce n’è una piccola, piccolissima, indistinguibile. Jorge Aamado era un genio e anche un padre. Gabriela garofano e cannella (il titolo della foto viene da lì) faceva parte dei libri che lui chiamava del ciclo del cacao. Il cacao era l’oro brasiliano. Colonnelli, pistoleri, delinquenti e persino un arabo c’erano in quelle pagine. Marquez le aveva bevute da ragazzo e lo raccontava riconoscendo i debiti. Altri no, ma i debiti c’erano ugualmente.
Parati sta a sud, sotto Rio. Ha un cielo bellissimo e increspato, palme e tetti di tegole che servono per spartire la pioggia. Ha il sapore di un luogo dove si potrebbe passare la vita, non da turisti. Forse a cercare Gabriela. Magari senza trovarla, ma il profumo dei garofani e della cannella ci potrà consolare.
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