Un così bel posto (di Fabrizio Rondolino)
Nov 02, 15
Fabrizio Rondolino
Giornalista e Scrittore
La nostra prima volta. In FGCI, nel 1986, in un sottotetto al sesto piano di Via delle Botteghe Oscure. Eravamo compagni di banco e ci siamo divertiti come dei pazzi… Quando ci vediamo ci divertiamo ancora un mondo, ma soprattutto perchè è bello guardare ad oggi o a domani: non a ieri.
Un così bel posto
Cataratas do Iguaçu, 1996
La foto. Scattai foto come se non ci fosse un domani. Era la mia prima volta in America Latina e se vai in quel posto non te lo scordi più per il resto dei tuoi giorni.
C’è da dire che la sabbia passa da una parte all’altra della clessidra per via della forza di gravità: è la forza di gravità che fa scorrere il tempo. È la materia, è il peso, è la terra che fa scorrere il tempo inesorabilmente verso il basso. Noi all’inizio siamo in alto, quando noi veniamo alla luce e finalmente siamo nati e il tempo comincia la sua discesa trionfale, noi siamo in alto, molto in alto – e poi inesorabilmente siamo trascinati giù verso il basso dalla forza di gravità, siamo trascinati in basso qualunque cosa facciamo, e quando tocchiamo terra il tempo finisce e noi moriamo, noi siamo già morti. Non per caso gli angeli e gli dèi sfuggono alla forza di gravità: dimorano in alto, molto in alto, nelle sfere celesti, perché la forza di gravità non può nulla su di loro, e così neppure il tempo ha alcun potere, ed è per questo che sono angeli e dèi e non uomini mortali, e il momento presente è il loro paradiso. Tempo e forza di gravità sono dunque una stessa cosa, lo dimostra la clessidra e lo dimostrano i nostri lineamenti mentre invecchiamo e lo dimostra Iguazù: su questo non ci può essere dubbio.
Sospesi fra il cielo della nostra nascita azzurrina e il fiume inferocito, fra la cima del monte e la terra che ci sta aspettando, dobbiamo insomma riuscire a vivere prima di schiantarci al suolo – e più saremo leggeri, più a lungo durerà la caduta.
Sospesi fra il cielo della nostra nascita azzurrina e il fiume inferocito, fra la cima del monte e la terra che ci sta aspettando, dobbiamo insomma riuscire a vivere prima di schiantarci al suolo – e più saremo leggeri, più a lungo durerà la caduta.
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